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PERMESSO DI SOGGIORNO PER RAGIONI DI LAVORO DIPENDENTE. PRESUPPOSTI PDF Stampa E-mail
domenica 19 agosto 2007
Non è impeditiva del rilascio del rinnovo di permesso di soggiorno, motivato dalla ragione di svolgere in Italia un lavoro in forma dipendente, la condanna per reati di falsità, in quanto  l’art. 26, comma 7 bis, del t. u. n. 286 del 1998 --- nel prevederla --- si limita a fissare un presupposto negativo per il rilascio del permesso di soggiorno giustificato da ragioni di lavoro autonomo.

T.A.R. Veneto, sez. III,  7 agosto 2007, n. 2699

 <<considerato che, a sostegno del rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno, rilasciato dalla Questura di Vicenza in data 10 maggio 2004 “per motivi di lavoro subordinato”, l’autorità emanante ha dapprima sottolineato che il richiedente, in data 16 marzo 2006, è stato condannato dal GIP di Padova alla reclusione e alla multa per il reato di violazione della proprietà intellettuale, e ha poi richiamato “il perentorio disposto di cui all’art. 26, comma 7 bis, del t. u. n. 286 del 1998”, introdotto dall’art. 21 della l. n. 189 del 2002,  il quale prevede che “la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica”;
che, precisato preliminarmente tutto questo, per accogliere il ricorso il collegio non ha che da fare richiamo alle considerazioni svolte dalla prima sezione del Tar Lombardia –Milano, con la sentenza n. 69 del 2007, pronunciata con riferimento a un giudizio analogo a quello odierno, e con la quale è stato sottolineato che “è evidente che (il comma 7 bis) si riferisce  esclusivamente alla disciplina del permesso di soggiorno rilasciato per lo svolgimento di un lavoro autonomo. Ciò deriva sia dalla collocazione nello stesso art. 26 sia da una interpretazione sistematica, in relazione alla circostanza che l’intera disciplina del lavoro autonomo è più rigorosa di quella per i lavoratori subordinati (dimostrazione del reddito minimo, della disponibilità di un alloggio), che giustifica anche il maggior rigore richiesto rispetto alle fattispecie penali.
In questo quadro trova ingresso la previsione per cui reati che impediscono l’ingresso nel territorio dello Stato, e i conseguenti diniego e revoca del permesso di soggiorno non sono solo quelli di cui agli artt 380 del codice di procedura penale, ma anche i reati di falso, considerati dall’ordinamento in genere di minore offensività, ma che assumono una particolare rilevanza per chi voglia svolgere una attività commerciale o professionale, trattandosi di fattispecie di reati che tutelano anche  l’affidabilità dei rapporti commerciali”.  Nel caso in esame l’Amministrazione risulta avere qualificato la domanda del ricorrente come rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro subordinato: di qui l’applicazione –erronea, come si è visto- di una disciplina concernente esclusivamente il lavoro autonomo (conf. Tar Lazio, sez. prima ter, sent. n. 1276 del 2007 e Tar Emilia –Romagna –Parma, sent. n. 58 del 2007)>> 

Ultimo aggiornamento ( domenica 19 agosto 2007 )
 
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