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TERMINE PER LA PRODUZIONE DOCUMENTALE NEL GIUDIZIO AMMINISTRATIVO PDF Stampa E-mail
venerdì 14 settembre 2007
 Non è una sentenza del T.A.R. Veneto, ma del Consiglio di Stato. Eppure si ritiene utile segnalarla ugualmente per i riflessi pratici che ne possono derivare.
 
Orbene, la Quinta sezione ha affermato che i termini di venti giorni dall'udienza per la produzione documentale (e, per la verità anche i termini di dieci giorni, per la produzione delle memorie)  non sono perentori, perché così non qualificati dalla legge.
 
Afferma altresì che l'Amministrazione, in primo grado, può produrre documenti sino all'udienza, perché  la sua difesa costituisce un <<obbligo>>, perché gli stessi  potrebbero essere acquisiti d'ufficio dal Giudice, perché in ogni caso l'Amministrazione sarebbe in grado di produrre ugualmente i medesimi documenti nella successiva fase dell'appello e perché tali documenti potrebbero essere depositati dall'Amministrazione anche in caso di mancata costituzione in giudizio.
 
In caso di tardiva produzione documentale, il Giudice ha l'obbligo, se sollecitato dalle altre parti, di concedere termine per l'esame dei documenti e per la presentazione di motivi aggiunti. 
 
La sentenza, che in linea di principio non manca di ragionevolezza, tuttavia solleva alcuni dubbi e cioè:
 
1) alle parti private è consentito di <<sforare>> i medesimi termini, anche alla luce del principio  di parità delle armi processuali (art. 111 Cost.)?
2) la derogabilità del termine vale anche per il giudizio di appello? 
 
Si deve segnalare, infine, un  importante obiter dictum, in materia di giurisdizione esclusiva, giusta il quale, in appello, non sembrerebbe possibile presentare o chiedere nuove prove, salve quelle documentali. Così si introduce  un regime intermedio tra quello proprio del giudizio amministrativo di legittimità e quello, rigidamente preclusivo, del giudizio civile d'appello.
 
 

Cons. di Stato, V, 4789/2007:

 

<<1.Con un primo mezzo di gravame, l’appellante lamenta che la pronuncia di primo grado si sia basata su un documento prodotto dall’amministrazione comunale all’udienza di discussione, nonostante l’opposizione della difesa del ricorrente.
2.Pertanto, a suo dire, il documento dovrebbe essere “stralciato” dagli atti da esaminare e non avrebbe potuto costituire il presupposto centrale della decisione di inammissibilità.
3.Il motivo è infondato.
4.L’articolo 23, comma quarto, della legge n. 1034/1971 prevede che le parti possano produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni.
5.L’orientamento prevalente sostiene che entrambi i termini svolgono la duplice funzione di garantire la pienezza del contraddittorio e l’ordinato svolgimento del giudizio.
6.La norma, tuttavia, non qualifica espressamente i termini come perentori, né afferma che essi siano stabiliti a pena di decadenza, affidando all’interprete il compito di definire le conseguenze derivanti dalla loro inosservanza. Pertanto, applicando il principio espresso dall’articolo 152 del codice di procedura civile, secondo il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”, la giurisprudenza ha seguito un indirizzo interpretativo articolato e complesso, volto ad individuare le conseguenze del mancato rispetto degli indicati termini. In tale prospettiva si è distinto tra termini per le memorie e termini per le produzioni documentali. Inoltre, si è talvolta posta l’attenzione sulla rilevanza del documento in relazione all’oggetto del giudizio e alla circostanza che esso sia effettivamente collegato con gli atti del procedimento sostanziale all’origine della specifica controversia.
7.Con particolare riguardo ai documenti prodotti dall’amministrazione, purché direttamente connessi con l’oggetto della domanda, si è correttamente osservato che non avrebbe alcun senso precluderne l’esibizione dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 23 (o anche il giorno stesso dell’udienza), dal momento che il deposito di tali documenti costituisce addirittura un obbligo (e non un mero potere difensivo) gravante sul soggetto pubblico, indipendentemente dalla circostanza che esso si sia costituito in giudizio per resistere alla domanda.
8.Il dovere di produzione documentale, che, oltretutto, potrebbe essere sollecitato d’ufficio dal giudice, resta intatto anche nei casi in cui gli atti esibiti possano risultare oggettivamente favorevoli all’amministrazione stessa.
9.Si deve sottolineare, poi, che l’amministrazione potrebbe comunque produrre il documento anche in grado di appello, non operando la limitazione di cui all’articolo 345 del codice di procedura civile nel giudizio amministrativo. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, infatti, tale previsione non si applica, in generale nel giudizio di legittimità, e nell’ambito della giurisdizione esclusiva il divieto di nuove prove in appello non riguarda le prove documentali precostituite.
10.È appena il caso di osservare, poi, che il potere istruttorio di ufficio potrebbe essere esercitato anche in grado di appello. Pertanto, l’appellante non avrebbe alcun concreto interesse a dedurre l’irritualità della produzione documentale effettuata in primo grado, perché tale atto potrebbe comunque essere acquisito dal giudice, anche in mancanza di apposita istanza, se ritenuto rilevante ai fini della decisione.
11.Quindi, a fronte della produzione documentale effettuata dall’amministrazione, sia pure dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 23, la mera opposizione del ricorrente, ancorché esplicitata, non assume alcun valore preclusivo, spettando al giudice il compito di verificare l’utilità del documento ai fini istruttori.
12.In tali circostanze si pone, semmai, solo il diverso problema dell’opportuno coordinamento con il principio di rispetto del contraddittorio e con la necessità di assicurare un congruo spazio temporale di difesa del soggetto interessato.
13.Ma questa esigenza deve essere valutata in concreto e non in astratto, tenendo conto di una pluralità di circostanze, quali la maggiore o minore complessità del materiale istruttorio esibito dall’amministrazione, la dimostrazione (o la probabilità) che il documento sia conosciuto dall’interessato, l’univocità degli effetti (sostanziali o processuali) derivanti dall’atto in questione.
14.In tale prospettiva, allora, il giudice, nell’esercizio dei propri poteri di governo del processo conserva la facoltà di decidere quando sia preferibile (o necessario) stabilire un breve differimento dell’udienza di discussione, per consentire a tutte le parti di valutare il documento e sviluppare le rispettive difese.
15.Tale potere diventa un vero e proprio obbligo quando la parte interessata chieda espressamente un termine a difesa per la proposizione di motivi aggiunti o per assumere altre iniziative processuali che trovano la loro base giustificativa esclusiva nel nuovo documento.
16.In tali eventualità, allora, spetta alla parte interessata l’onere di rappresentare le ragioni che possono giustificare non già lo stralcio del documento ma, piuttosto, il differimento dell’udienza.
17.In mancanza di tale richiesta, la scelta del tribunale di acquisire il documento e trattenere la causa per la decisione risulta, quindi, pienamente legittima.
18.Del resto, il motivo di gravame proposto si incentra tutto sulla mera irritualità dell’acquisizione del documento, senza proporre alcuna censura diretta a lamentare la mancata concessione dei termini a difesa.>> 

Ultimo aggiornamento ( venerdì 14 settembre 2007 )
 
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