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IL "RISCATTO ANTICIPATO" DEGLI IMPIANTI DI DISTRIBUZIONE DEL GAS AL VAGLIO DELLA CONSULTA PDF Stampa E-mail
venerdì 14 settembre 2007

TAR VENETO, I Sez. Ordinanza n. 1604/2007

 Il Tar Veneto, con l'ordinanza che si riporta per intero, dopo un'articolata indagine ricostruttiva dell'istituto del riscatto "anticipato" del servizio di distribuzione del gas (ex art. 15 comma 5 D. Lgs. 164/2000 che richiama l'art. 24 del R.D. n. 2578/1925 "Testo Unico sulle c.d. "aziende municipalizzate"), ha sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine all'articolo 1, comma 69, primi due periodi, della legge 239/2004 (Legge Marzano).

In particolare, secondo i giudici veneziani, appare evidente in tale ultima fattispecie normativa la violazione del combinato disposto degli art. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui "pur a fronte dell'inequivocamente avvenuta abrogazione dell'istituto del riscatto, si riesuma retroattivamente l'istituto medesimo, a fini del tutto antitetici rispetto a quelli suoi propri, per di più travisando la stessa funzione della recezione dello stesso nell'ambito dei singoli contratti stipulati tra Amministrazioni concedenti e soggetti gestori del servizio". 

La parola spetta ora ai giudici di Palazzo della Consulta, ma le considerazioni svolte nell'ordinanza presentano profili di indubbio interesse. 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:


Bruno Amoroso                   Presidente


Elvio Antonelli                     Consigliere


Fulvio Rocco                        Consigliere, Estensore


ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


a’ sensi e per gli effetti dell’art. 23 e ss. della L. 11 marzo 1953 n. 87, sui ricorsi riuniti R.G. 1747/2002 e R.G. 2741/2004, rispettivamente proposti da:


- R.G. 1747/2002): Vampa Gas S.p.a., in prosieguo di causa divenuta GE.AD. S.p.a. e, quindi, ENEL Rete Gas S.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi sempre dall’Avv. Luigi Manzi e dall’Avv. Ivone Cacciavillani, con elezione di domicilio  presso la Segreteria della Sezione, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 35 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054,


- R.G. 2741/2004):  GE.AD. S.p.a., in prosieguo di causa divenuta ENEL Rete Gas S.p.a., in persona dei  rispettivi legali  rappresentanti pro  tempore,   rappresentati  e  difesi  sempre  dall’Avv.  Luigi  Manzi e  dall’Avv.  Ivone  Cacciavillani,  con  elezione  di  domicilio  presso la  Segreteria  della  Sezione,  a’ sensi  e  per  gli  effetti  dell’art.  35 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054


                                              contro


- R.G. 1747/2002 e R.G. 2741/2004): il Comune di Mirano (Venezia), in persona del suo Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Alfredo Bianchini con elezione di domicilio presso il suo studio in Venezia, Piazzale Roma n. 464,


per l’annullamento


- R.G. 1747/2002): del provvedimento Prot. n. 23146 dd. 24 maggio 2002 del Sindaco di Mirano recante la comunicazione di esercizio del diritto di riscatto, a’ sensi del contratto d’appalto vigente inter partes e con decorrenza 31 dicembre 2003, per la gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano, e di ogni altro atto presupposto e conseguente; nonché, mediante motivi aggiunti di ricorso susseguentemente proposti, del provvedimento del Vice Sindaco di Mirano Prot. n. 35925 dd. 8 agosto 2002 recante la comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato, a’ sensi del contratto d’appalto vigente inter partes, al riscatto della gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano, e di ogni altro atto presupposto e conseguente; nonché per il risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione del provvedimento impugnato nella misura che sarà quantificata in corso di causa; e – sempre con motivi aggiunti di ricorso susseguentemente proposti – del provvedimento Prot. n. 49034 dd. 17 ottobre 2003 del Dirigente – Responsabile del procedimento - Segretario Generale del Comune di Mirano recante l’invito a fornire all’Amministrazione Comunale la documentazione (“libro lavori, libro cespiti, bilanci degli ultimi 4 anni, estesa della rete suddivisa per diametro, anno di realizzazione e terreno di posa, etc.”), necessaria “ai fini della valutazione dell’importo di riscatto di cui all’art. 6 della convenzione stipulata il 7 luglio 1979 e successivamente integrata, di cui alla disdetta con nota n. 23146 del 27 maggio 2002”;


- R.G. 2741/2004): dei provvedimenti n. 40 dd. 4 marzo 2004 e n. 115 dd. 8 giugno 2004 a firma del Segretario Generale del Comune di Mirano; nonché, mediante motivi di ricorso aggiunti susseguentemente proposti, del provvedimento del Segretario Generale del Comune di Mirano n. 190/2004 dd. 27 ottobre 2004, recante la proroga del rapporto in essere con Vampa Gas per la gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano sino al 31 marzo 2005 e, comunque, sino alla data di decorrenza del nuovo affidamento.


Visti i ricorsi con i relativi allegati, rispettivamente notificati il 24 luglio 2002 (R.G. 1747/2002) e il 28 settembre 2004 (R.G. 2741/2004), nonché rispettivamente depositati il 31 luglio 2002 ;(R.G. 1747/2002) e l’8 ottobre 2004 (R.G. 2741/2004);


visti i motivi aggiunti di ricorso notificati sub R.G. 1747/2002 in data 7 ottobre 2002 e in data 18 novembre 2002, e rispettivamente depositati il 14 ottobre 2002 e il 21 novembre 2003;


visti – altresì – i motivi aggiunti di ricorso notificati sub R.G. 2741/2004 in data 23 dicembre 2004 e depositati  il 5 gennaio 2005;


visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mirano;


viste le memorie prodotte dalle parti;


visti gli atti tutti di causa;


uditi nella pubblica udienza del 27 aprile 2007 (relatore il consigliere Fulvio Rocco) l’Avv. Baldan per la parte ricorrente e l’Avv. Alfredo Bianchini per il Comune di Mirano;


ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO   E   DIRITTO


1.1. Il contenzioso venutosi a determinare tra le parti può essere così riassunto in termini di fatto.


   1.2. Vampa Gas S.p.a. era l’originaria concessionaria del servizio di distribuzione del gas metano ad uso domestico, di riscaldamento, commerciale, artigianale ed industriale nel territorio del Comune di Mirano (Venezia) a’ sensi del contratto Rep. 655/79 dd. 7 luglio 1979 a rogito del Segretario del medesimo Comune di Mirano che, come integrato con atto dd. 30 maggio 1990, scade in data 31 dicembre 2008 (cfr. doc. 1 di parte ricorrente depositato il 31 luglio 2002).


  Con nota raccomandata Prot. n. 23146 dd. 24 maggio 2002 il Sindaco di Mirano ha comunicato a Vampa Gas di “esercitare formalmente il diritto di riscatto a far data dal 31 dicembre 2003 ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del contratto ...” in essere tra le parti.


Con il primo dei ricorsi in epigrafe (R.G. 1747/2002), Vampa Gas ha chiesto l’annullamento di tale provvedimento, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 7 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ed eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria ed illogicità manifesta.


1.3. Dopo la notificazione dell’atto introduttivo di tale primo giudizio, con nota raccomandata Prot. n. 35925 dell’8 agosto 2002 il Vice Sindaco di Mirano ha comunicato a Vampa Gas “ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 3, 4 e 7 della L. 241 del 1990 il formale avvio del procedimento di riscatto ex art. 6 del contratto d’appalto in essere assegnando il termine di 20 giorni dal ricevimento, per eventuali controdeduzioni”, disponendo “contestualmente … la sospensione degli effetti della citata nota n. 23146 (dd. 24 maggio 2002)” e “rimanendo impregiudicato ogni diritto in capo alla scrivente amministrazione”.


Anche tale nota è stata impugnata da Vampa Gas con motivi aggiunti di ricorso proposti a’ sensi dell’art. 21, primo comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come modificato per effetto della L. 21 luglio 2000 n. 205, deducendo parimenti al riguardo - sia in via autonoma, che in via derivata - l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 7 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ed eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria ed illogicità manifesta, nonché deducendo in via ulteriormente autonoma l’avvenuta violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dall’art. 97 Cost. e degli artt. 3 e 6 della L. 7 agosto 1990 n. 241 ed eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione ed illogicità manifesta.


1.4. Con ulteriore nota Prot. 49034 dd. 17 ottobre 2003 il Dirigente – Responsabile del procedimento - Segretario Generale -  del Comune di Mirano ha quindi invitato GE.AD. S.p.a., nel frattempo succeduta a Vampa Gas a titolo universale in forza dell’atto di fusione per incorporazione Rep. 9871 – Racc. 5103 dd. 2 dicembre 2002 a rogito della dott. Matilde Atlante, notaio in Roma, a fornire entro il termine di venti giorni la documentazione (“libro lavori di cui all'art. 7 della convenzione del 7 luglio 1979, libro cespiti, bilanci degli ultimi 4 anni, estesa della rete suddivisa per diametro, anno di realizzazione e terreno di posa etc.”) necessaria “ai fini della valutazione dell’importo di riscatto di cui all’art. 6 della convenzione stipulata il 7 luglio 1979 e successivamente integrata, di cui alla disdetta con nota n.23146 del 27 maggio 2002”.


 GE.AD. S.p.a., a sua volta,  a mezzo di nuovi motivi aggiunti ha impugnato, sempre sub R.G. 1747/2002, anche tale ulteriore atto, parimenti deducendo, sia in via derivata che in via autonoma, l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 7 della L. 7 agosto 1990 n. 241, eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza istruttoria ed illogicità manifesta, nonché l’avvenuta violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dall’art. 97 Cost. e degli artt. 3 e 6 della L. 7 agosto 1990 n. 241, nonché eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione ed illogicità manifesta.


1.5. Si è costituito in giudizio il Comune di Mirano, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti susseguentemente proposti.


1.6. Con sentenza n. 6260 dd. 22 dicembre 2002, emessa in forma semplificata a’ sensi dell’art. 26 della L. 1034 del 1971 come modificato dal’art. 9 della L. 205 del 2000, questa stessa Sezione ha rilevato in proposito che l’art. 21 della convenzione vigente inter partes in ordine al servizio di distribuzione del gas metano ad uso domestico, di riscaldamento, commerciale, artigianale ed industriale dispone che “tutte le contestazioni o le controversie che potessero insorgere in dipendenza e per l’interpretazione “della convenzione medesima” ad esclusione di quanto attiene al prezzo di vendita del gas”  sono devolute ad un Collegio arbitrale e, ha pertanto affermato che “tale tipo di clausola compromissoria deve ritenersi valida in forza dell’art. 6, comma 2, della L. 205 del 2000 – norma interpretativa – e (che la stessa), trattandosi di controversia avente ad oggetto diritti soggettivi – quelli derivanti all’affidatario del servizio dal contratto – determina la competenza arbitrale in deroga alla competenza del giudice amministrativo”.


1.6. GE.AD. ha impugnato tale sentenza innanzi al Consiglio di Stato con ricorso in appello ivi depositato sub R.G. 2828/2005 in data 30 marzo 2004.


 Questo ulteriore grado di giudizio, dopo una serie di rinvii, è stato definito con decisione della Sezione V del Consiglio di Stato n.3482 dd. 13 giugno 2006 che, in riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto al riguardo la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, rinviando così nuovamente gli atti a questo T.A.R. a’ sensi dell’art. 35, comma 1, della L. 1034 del 1971 come modificato dall’art. 11 della L. 205 del 2000.


A conforto della propria decisione, il giudice di appello ha – tra l’altro – rilevato che “quello che viene comunemente definito il diritto di riscatto altro non è che una potestà di stampo pubblicistico, che l’Amministrazione autorizzata ad esercitare in presenza di determinate condizioni, rispetto alla quale la posizione soggettiva incisa assume la connotazione di interesse legittimo. Né appare che la conclusione possa mutare a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 6 – 14 luglio 2004, invocata dall’appellato Comune … per allegare sotto altro profilo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Non è dubbio che la pronuncia abbia individuato l’oggetto della giurisdizione esclusiva in materia di pubblici servizi in quelle controversie che traggano origine – come ricorda lo stesso Comune appellato – dall’esercizio di potere autoritativo, e si è già detto come il c.d. diritto di riscatto debba essere qualificato come un aspetto del potere di gestione del servizio pubblico”.


2.1. Nelle more della definizione del giudizio di appello promosso avverso la predetta sentenza n. 6260 del 2002, il Segretario Generale del Comune di Mirano ha adottato le determinazioni n. 40 dd. 4 marzo 2004 e n. 115 dell’8 giugno 2004, per effetto delle quali ha disposto la proroga del rapporto concessorio in essere con GE.AD. nel presupposto che lo stesso si fosse in precedenza interrotto.


Tali provvedimenti sono stati impugnati dalla medesima GE.AD. con ulteriore ricorso proposto innanzi a questo stesso T.A.R. sub R.G. 2741 del 2004, deducendo innanzitutto l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 7 e 8 della L. 241 del 1990, violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dall’art. 97 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del T.U. approvato con R.D.15 ottobre 1925 n. 2578 e dell’art. 6 della convenzione in essere tra la medesima GE.AD. e il Comune di Mirano, incompetenza, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, nonché per contraddittorietà ed irragionevolezza manifesta.


La medesima ricorrente, con un secondo ordine di motivi, ha quindi dedotto l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 6 e 7 della L. 241 del 1990, violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dagli artt. 97, 3, 41 e 43 Cost., ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del T.U. approvato con R.D.15 ottobre 1925 n. 2578 e dell’art. 6 della convenzione in essere tra la medesima GE.AD. e il Comune di Mirano, nonché eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, irragionevolezza ed illogicità manifesta, sviamento di potere e violazione del principio generale dell’affidamento.


2.2. Giova a questo punto rilevare che nella Gazzetta Ufficiale n. 215 dd. 15 settembre 2004 è stata pubblicata la L. 23 agosto 2004 n. 239  recante “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”.


La relativa disciplina, entrata in vigore il 28 settembre 2004, è divenuta poi nota come “Legge Marzano”.


L’art. 1, comma 69, della medesima L. 239 del 2004 reca in esordio i seguenti due periodi: “La disposizione di cui all’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio, se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite”.


A sua volta, la disposizione testè resa oggetto di interpretazione - ossia l’anzidetto art. 15, comma 5, del D.L.vo 164 del 2000 - afferma che “per l’attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest’ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell'art. 14, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a ) e b ) dell'art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione”.


 2.3. Dopo l’entrata in vigore del predetto art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004, il Segretario Generale del Comune di Mirano ha assunto la determinazione n. 190 dd. 12 ottobre 2004, per effetto della quale ha disposto una nuova  proroga del rapporto concessorio in essere con GE.AD. “limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino al 31 marzo 2005 e comunque sino alla data di decorrenza del nuovo affidamento, come previsto dall’art. 14, comma 7, del D.L.vo 164 del 2000”.


Quest’ultima, a sua volta, ha proposto al riguardo sub R.G. 2741/2004 motivi aggiunti di ricorso, deducendo al riguardo le medesime censure formulate nell’atto introduttivo di tale seconda causa, ossia l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 7 e 8 della L. 241 del 1990, violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dall’art. 97 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del T.U. approvato con R.D.15 ottobre 1925 n. 2578 e dell’art. 6 della convenzione in essere tra la medesima GE.AD. e il Comune di Mirano, incompetenza, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, per contraddittorietà ed irragionevolezza manifesta, nonché l’avvenuta violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 15 e 16 del D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 6 e 7 della L. 241 del 1990, violazione e falsa applicazione dei principi discendenti dagli artt. 97, 3, 41 e 43 Cost., ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del T.U. approvato con R.D.15 ottobre 1925 n. 2578 e dell’art. 6 della convenzione in essere tra la medesima GE.AD. e il Comune di Mirano ed ulteriore eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, irragionevolezza, illogicità manifesta, sviamento di potere e violazione del principio generale dell’affidamento.


La ricorrente ha pure dedotto l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004 in  ragione della sua natura innovativa e non interpretativa, nonché in dipendenza dell’avvenuta violazione del principio generale dell’affidamento (cfr. artt. 2 e 3 Cost.), nonché della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.).


2.4. Si è costituito anche in questo ulteriore giudizio il Comune di Mirano, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso, anche – e soprattutto – in dipendenza del predetto art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004 che nella specie, per l’appunto legittimerebbe l’avvenuto esercizio del riscatto da parte dell’Amministrazione Comunale.


2.5. A sua volta, nel medesimo procedimento si è costituita Enel Rete Gas S.p.a., quale successore universale di GE.AD. in forza dell’atto di fusione per incorporazione Rep. n. 11305 – Racc. n. 5847 a rogito della dott. Matilde Atlante, notaio in Roma, rilevando da un lato l’asserita acquiescenza del Comune di Mirano nei confronti delle censure fatte valere nei suoi confronti e chiedendo, in subordine, l’accoglimento del ricorso previo eventuale rinvio del predetto art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004 alla Corte Costituzionale in  relazione alle anzidette censure di incostituzionalità.


2.6. Il Comune di Mirano, per parte propria, ha insistito per la reiezione del ricorso, negando di aver prestato acquiescenza nei confronti delle censure dedotte dalla controparte.


3. Anche nel ricorso proposto sub R.G. 1747/2002 si è costituita Enel Rete Gas S.p.a. formulando analoghe conclusioni, alle quali a sua volta ha replicato il Comune di Mirano ribadendo la fondatezza dei propri assunti.


4. Alla pubblica udienza del 27 aprile 2007 entrambe le cause sono state trattenute per la decisione.


5. Tutto ciò premesso, il Collegio dispone innanzitutto la riunione dei ricorsi, stante l’identità delle parti e l’indubbia connessione ravvisabile tra i provvedimenti ivi complessivamente resi oggetto di impugnativa.


6. Sempre in via preliminare, il Collegio reputa che perduri l’interesse alla decisione dei due ricorsi in epigrafe.


Invero, secondo la difesa di Enel Rete Gas S.p.a. , il rapporto concessorio proseguirebbe “sostanzialmente” allo stato attuale “con reciproca soddisfazione, tanto che ad oggi nessun formale provvedimento di riscatto”“mai intervenuto, come peraltro si evince(rebbe) anche dal documento depositato in vista dell’(odierna) udienza pubblica, come peraltro si evince(rebbe) anche dal documento depositato in vista dell’udienza pubblica (odierna) … (si tratta del provvedimento n. 1012 dell’8 gennaio 2007 del Settore Lavori Pubblici del Comune di Mirano, dal quale emerge(rebbe) che, anche di recente, l’Amministrazione rilascia pacificamente ad Enel Rete Gas le autorizzazioni che si rendono necessarie per la gestione del servizio di distribuzione del gas” (cfr. memoria dd. 12 aprile 2007 depositata sia sub R.G. 1747/2002 che sub R.G. 2741/2004 dalla difesa di Enel Rete Gas S.p.a., pag. 4). risulterebbe


Il Collegio non concorda con tale prospettazione della ricorrente, posto che l’Amministrazione Comunale a ragione insiste per la decisione dei due ricorsi in dipendenza del fatto che l’accertamento della  legittimità  del riscatto da essa disposto  nei confronti dei danti causa di Enel Rete Gas S.p.a. consentirebbe all’Amministrazione medesima di bandire una gara per l’aggiudicazione del servizio ad oggi disimpegnato a titolo successorio dalla predetta Enel Rete Gas prima della scadenza del periodo transitorio contemplato, ad oggi, per effetto dell’anzidetto art. 15 del D.L.vo 164 del 2000 e dell’art. 23 del D.L. 30 dicembre 2005 n. 273 convertito in L. 23 febbraio 2006 n. 51, nel frattempo entrato in vigore; e, del resto, consta che i provvedimenti relativi al procedimento di riscatto già avviato nei confronti di Vampa Gas (e, conseguentemente, ora nei riguardi di Enel Rete Gas) siano stati soltanto interinalmente sospesi, ma non rimossi in via di autotutela da parte dell’Amministrazione Comunale.


7. Ciò posto, va evidenziato che a’ sensi del tutt’oggi vigente art. 24 del T.U. della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province, approvato con R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, “i comuni possono valersi delle facoltà consentite dall'art. 1” del medesimo T.U. - ossia l’assunzione dell’impianto e l’esercizio diretto della conseguente attività  - “pei servizi …che siano già affidati all’industria privata quando dall’effettivo cominciamento dell'esercizio sia trascorso un terzo della durata complessiva del tempo per cui la concessione fu fatta. Tuttavia i comuni hanno sempre diritto al riscatto quando sieno passati venti anni dall’effettivo cominciamento dell'esercizio; ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne siano passati dieci”(primo comma).


“Qualora i comuni non facciano uso delle facoltà di riscatto nelle epoche sopra determinate, non possono valersene se non trascorso un quinquennio, e così in seguito di cinque in cinque anni (secondo comma).


“Il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un anno” (terzo comma).


“Quando i comuni procedono al riscatto debbono pagare ai concessionari un'equa indennità, nella quale si tenga conto dei seguenti termini: a) valore industriale dell’impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall’effettivo cominciamento dell’esercizio e dagli eventuali ripristini avvenuti nell’impianto o nel materiale ed inoltre considerate le clausole che nel contratto di concessione siano contenute circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima;

b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti, sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente; c) profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto e che si valuta al valore attuale che avrebbero, nel giorno del riscatto stesso, al saggio dell'interesse legale, tante annualità eguali alla media dei profitti industriali dell'ultimo quinquennio, quanti sono gli anni pei quali dovrebbe ancora durare la concessione, purché un tale numero di anni non superi mai quello di venti. L’importo di tali annualità si calcola sulla media dei redditi netti accertati ai fini dell'imposta di ricchezza mobile dell'ultimo quinquennio, tolti dal medesimo l'anno di maggiore e di minore profitto e depurato dell'interesse del capitale, rappresentato da ciò che si corrisponde al concessionario per i titoli di cui alle lettere a) e b) di questo articolo” (quarto comma).


“L’ammontare dell’indennità può essere determinato d'accordo fra le parti con l'approvazione della giunta provinciale amministrativa” (quinto comma).


“In mancanza dell'accordo decide in primo grado, con decisione motivata, un collegio arbitrale composto di tre arbitri, di cui uno è nominato dal consiglio comunale, uno dal concessionario ed uno dal presidente del tribunale nella cui giurisdizione è posto il comune” (sesto comma).


“Avverso la decisione di tale collegio, così il comune come il concessionario possono appellarsi ad un altro collegio di tre arbitri i quali saranno nominati dal primo presidente della corte d’appello e decideranno come amichevoli compositori” (settimo comma).


“I comuni, che esercitano la facoltà del riscatto, debbono sostituirsi nei contratti attivi e passivi del concessionario in corso coi terzi per l’esecuzione dell’industria o del servizio e col personale addetto al servizio stesso, purché i contratti siano stati stipulati ed il personale sia stato assunto prima del preavviso di cui al terzo alinea del presente articolo. Tuttavia degli oneri derivanti dai detti contratti sarà tenuto conto nella determinazione dell'indennità di riscatto” (ottavo comma).


Il nono ed ultimo comma dispone, a sua volta, che “le disposizioni di questo articolo, salvo ciò che si riferisce ai termini del riscatto, non sono applicabili quando le condizioni del riscatto medesimo o della revoca della concessione siano stabilite da contratto, purché stipulando sei mesi prima della promulgazione della legge 29 marzo 1903 n. 103”, ossia la principale delle fonti normative recepite da tale T.U.: sintomo evidente, questo, dell’avvenuta ridisciplina dell’istituto (ab origine normato esclusivamente dalle parti in sede di concessione-contratto) mediante fonte legislativa precettivamente applicata alle parti, anche se il susseguente art. 26 impone ai comuni “che intendano concedere all'industria privata” un servizio pubblico, di riservarsi “nel relativo contratto di concessione … la facoltà del riscatto con tali condizioni e termini che non siano, per i comuni medesimi, più onerosi di quelli” testè descritti.


L’art. 25 del medesimo T.U. 2578 del 1925 dispone, a sua volta, che “quando i comuni vogliano far uso della facoltà di riscatto, la deliberazione del consiglio comunale e il progetto di massima” tecnico-finanziario contemplato dall’art. 10  dello stesso T.U.,“ devono indicare esattamente, oltre ai mezzi con cui vuolsi provvedere alla gestione del servizio, la consistenza dell'impianto che intendesi rilevare e l'ammontare presumibile dell'indennità da corrispondersi ai concessionari” (primo comma).


“Quando, dopo la decisione favorevole della giunta provinciale amministrativa, l’indennità di riscatto sia determinata d’accordo o dagli arbitri in misura maggiore di quella presumibile posta a base del piano di massima, si deve provvedere nuovamente in conformità degli artt. 10 e 11”, ossia in base ad altro progetto di massima tecnico-finanziario e ad apposita deliberazione dell’organo consiliare (secondo comma).


La giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione da tempo riconosce al giudice amministrativo giurisdizione nella materia di cui trattasi,  posto che – ancor prima dell’entrata in vigore della predetta L. 205 del 2000 – è stato affermato che “la domanda, con la quale il concessionario di un pubblico servizio nel territorio comunale (nella specie, distribuzione del gas) insorga avverso il provvedimento di riscatto della concessione adottato dal Comune concedente, deducendo l'illegittimo esercizio della relativa facoltà prima dei termini fissati dall’art. 24 del R.D. 15 ottobre 1925 n. 2578, investe la sussistenza stessa del potere di riscatto e l’osservanza di norme di relazione da parte dell'amministrazione, e, quindi, si ricollega a posizioni di diritto soggettivo. Tale domanda, pertanto, non spettava alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, ma era devoluta alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario, mentre, dopo l'entrata in vigore della L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei T.A.R., spetta alla competenza giurisdizionale esclusiva dei tribunali stessi, ai sensi degli art. 5 e 7 della citata legge (in forza dei quali la giurisdizione del giudice ordinario resta limitata alle cause riguardanti indennità, canoni ed altri corrispettivi). Da tanto consegue che il patto della convenzione di concessione, il quale devolva ad arbitri l’indicata controversia, deve ritenersi operante fino alla sopravvenienza della citata legge, configurando una legittima deroga convenzionale alle attribuzioni del giudice ordinario, ma invalido ed inefficace dopo detto momento, perché, in difetto di contraria previsione di legge, deve escludersi la facoltà di compromettere in arbitri materia sottratta all’area della giurisdizione del giudice ordinario, ed affidata a una giurisdizione speciale” (Cass., SS.UU., 2 maggio 1979 n. 2522).


Va in ogni caso soggiunto – e, a tale proposito, la stessa decisione della Sezione V del Consiglio di Stato n.3482 dd. 13 giugno 2006 intervenuta nel procedimento proposto sub R.G. 1747/2002 costituisce, al riguardo, prova eloquente – che la giurisprudenza del giudice amministrativo, al di là delle conseguenze di carattere patrimoniali discendenti dal riscatto a favore del gestore del servizio destinatario di tale provvedimento, riconduce comunque quest’ultimo all’esercizio di una potestà tout court autoritativa.


Va anche rilevato – avendo segnatamente riguardo al caso di specie – che il Comune di Mirano e l’allora Vampa Gas hanno puntualmente recepito nell’art. 6 della convenzione vigente inter partes la surriferita disciplina contenuta nell’art. 24 del T.U. approvato con R.D. 2578 del 1925, disponendo testualmente ivi che  “è fatto salvo al Comune il diritto di riscatto nell’ambito della legge oggi vigente sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, regolato come segue. Tale diritto potrà essere esercitato dopo il decorso di 10 anni dall’1 gennaio 1979 e successivamente di 5 anni in 5 anni, come previsto dalla legge, dandosi atto, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 205 del R.D. 10 maggio 1904 n. 103, che la natura e l’entità delle modifiche apportate all’antecedente rapporto fra il Comune e la concessionaria hanno sostanzialmente novato il rapporto medesimo. Nell’ipotesi di esercizio del diritto di riscatto di cui sopra da parte del Comune, la componente di indennizzo indicata al par. a) dell’art. 24 del R.D. 15 ottobre 1925 n. 248 (valore industriale dell’impianto) sarà calcolata tenendo conto, separatamente per il vecchio e il nuovo impianto, della diversa durata di esercizio di ciascuno di essi (… illeggibile … anni e mezzo per il vecchio impianto, 22 anni e mezzo per il nuovo impianto), e quindi detraendo dal valore industriale, senza degradi di sorta, di ciascun impianto al momento del riscatto, una quota che non dovrà superare nel complesso, per ogni anno di effettivo utilizzo, un trentanovesimo per il vecchio impianto e un ventiduesimo per i nuovi impianti. Il pagamento dell’indennità di riscatto dovrà avvenire contestualmente alla consegna degli impianti” (cfr. doc. 2 di parte ricorrente sub R.G. 1747/2002, depositato il 31 luglio 2002).


8. Per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 15 del D.L.vo 164 del 2000 la giurisprudenza del giudice amministrativo ha costantemente interpretato il “sistema”, così come delineato dallo ius superveniens, nel senso dell’impossibile conciliazione tra l’esercizio di un potere (autoritativo) di riscatto in via anticipata, esclusivamente funzionale alla riassunzione del servizio da parte dell’ente concedente, ed il preminente obiettivo dell’apertura del mercato della specifica utility alla concorrenza, quanto meno sotto il profilo della competizione “per” il mercato, stante l’indubbia preminenza della necessità - proprio mediante la disciplina transitoria contenuta nel medesimo art. 15 del D.L.vo 164 del 2000 -  dell’adeguamento del nostro ordinamento alla disciplina contenuta nella direttiva di settore n. 98/30/CE, a sua volta deputata ad attuare nel mercato del gas i principi di cui agli artt. 43 e 49 del Trattato UE (cfr. sul punto, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 28 giugno 2004 n. 4791 e n. 4788; 14 aprile 2004 n. 3816 e n. 3818; 11 luglio 2003 n. 3057, tutte nel senso che la disciplina complessivamente contenuta nel D.L.vo 164 del 2000 ha abrogato l’istituto del riscatto anticipato di cui all’art. 24 e ss. del T.U. approvato con R.D. 2578 del 1925).


Va, altresì, soggiunto - argomentando a contrariis ma pervenendo alla stessa conclusione di fondo – che la mancata, espressa previsione dell’abrogazione dell'istituto del riscatto anticipato di cui all’art. 25 del T.U. approvato con R.D. 2578 del 1925 per effetto D.L.vo 23 maggio 2000 n. 164, recante la nuova disciplina dell’attività di distribuzione del gas e della durata delle concessioni in essere, non è decisiva ai fini della sopravvivenza dello stesso, in quanto il regime transitorio non ha una sua autonomia, nel senso che non è previsto per mantenere in vita il preesistente regime, ma soltanto per rendere possibile, in tempi certi, il sistema dell’esternalizzazione; pertanto, anche nel regime transitorio, va esclusa l’ammissibilità di un istituto che persegue finalità non più contemplate dall'ordinamento, essendo finalizzato all’opzione per una gestione diretta del servizio ora non più possibile, dovendo tale gestione essere sempre esternalizzata. Nè a soluzione diversa potrebbe condurre la disciplina contenuta nell’art. 123 del T.U. approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267, a’ sensi del quale per l’esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione, è applicabile il T.U. approvato con R.D. 2578 del 1925, considerato che l’art. 123 testè citato disciplina l’istituto del riscatto in relazione alla generalità dei servizi pubblici gestiti o gestibili anche in modo diretto dall'Ente Locale, ma non incide sulla normativa speciale in materia di distribuzione del gas, ancorché anteriore e che, escludendo – per l’appunto - la facoltà di gestione diretta, impedisce comunque l’applicazione del T.U. 2578 del 1925  per l'esercizio del diritto di riscatto  relativamente ai rapporti in corso di esecuzione (così, puntualmente, T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 7 giugno 2002 n. 843).


9. Nondimeno, i surriportati due primi periodi dell’art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004 risultano – per contro – inequivocabilmente finalizzati a reintrodurre nell’ordinamento italiano – per di più in  via retroattiva, ossia sotto la specie dell’interpretazione autentica – l’istituto del riscatto, sia pure “convertendolo” a strumento giuridico del tutto atipico, ossia finalizzandolo non già all’ormai assodatamente impossibile esercizio diretto del servizio da parte dell’Amministrazione Comunale, ma ad una sorta di recesso dal rapporto convenzionale da parte di quest’ultima, ferma comunque restando l’esigenza di riaffidamento del servizio medesimo secondo la disciplina dell’evidenza pubblica.


Né va sottaciuto, a tale riguardo, che l’art. 15, comma 5, del D.L.vo 164 del 2000 pretesamente interpretato in via autentica, disciplina - come si è visto -  assieme ai due commi susseguenti, il regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni già in essere, senza tuttavia minimamente accennare alla possibilità di una risoluzione anticipata del rapporto.


Circa la portata “autentica” dell’ “interpretazione” introdotta dall’art. 1, comma 69, primi due periodi, della L. 239 del 2004, depongono a favore sia la lettera della prima disposizione (“va interpretata”), sia l’esame dei lavori parlamentari che si sono conclusi con l’approvazione dell’ “interpretazione” medesima.


A tal riguardo va innanzitutto denotato l’intervento dell’On. Polledri (cfr. a pag. 26 del resoconto della seduta n. 323 della Camera dei deputati, tenutasi il 16 giugno 2003 sull’A.C. n. 3297 della XIV Legislatura, divenuto – per l’appunto - in seguito la L. 239 del 2004: “A tutt’oggi il riscatto anticipato – ex articolo 24 del regio decreto n. 2578 del 1925 – deve essere, a nostro giudizio, giustamente integrato con il regime transitorio, ex articolo 15 del decreto legislativo n. 164 del 2000. In questo modo (ovvero, senza l’emendamento all’originario testo del disegno di legge, preannunciato subito dopo dal deputato), potrebbe essere adottata un’interpretazione che, di fatto, impedirebbe agli enti locali di applicare al più presto le disposizioni relative al decreto legislativo n. 164 del 2000 e di poter disporre dei benefici che ineriscono alla liberalizzazione del mercato del gas, senza, quindi, avere la possibilità di poter usufruire di una messa in gara del servizio di distribuzione del gas stesso”.


A tale intervento ha fatto quindi seguito quello dell’On. Didoné (cfr.., a pag. 94, della seduta n. 501 della medesima Assemblea, tenutasi il 29 luglio 2004 sull’A.C. n. 3297-B, transitato in seconda lettura alla Camera) dal seguente tenore: “Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei sostenere, per una serie di ragioni, gli emendamenti presentati dal Governo che ripristinano il testo del Senato. Come ricordava il ministro Marzano, vorrei soffermarmi sul fatto che questo disegno di legge intende fare salvo in capo all’ente comunale concedente, durante il periodo transitorio, il diritto di riscatto anticipato del servizio pubblico in concessione. Ciò, ovviamente, non in modo arbitrario, ma a determinate condizioni: tale facoltà deve infatti essere espressamente prevista dall’atto di concessione; devono essere rispettate le modalità di esercizio di detta facoltà, come stabilito nell’atto di concessione stesso; il servizio riscattato deve essere affidato ad un nuovo gestore esterno da individuarsi mediante gara. L’interpretazione introdotta con il presente disegno di legge mira semplicemente a preservare un diritto potestativo, quello di riscatto anticipato, che l’atto di concessione, previsto dal regio decreto del 1925, già riconosce all’ente comune, ma il cui esercizio viene ritenuto illegittimo da un prevalente orientamento giurisprudenziale, che pone in relazione di consustanzialità l’esercizio del riscatto e la gestione diretta del servizio pubblico di distribuzione del gas, non più consentita dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 164, ossia il famoso “decreto Letta” … È fatto comunque salvo il diritto al riscatto anticipato durante il periodo transitorio, sussistendone le condizioni più sopra specificate”.


Ancora più eloquente risulta la dichiarazione di voto finale dell’On. Polledri in occasione della stessa seduta: “…In relazione al provvedimento in esame abbiamo riscontrato grosse resistenze da parte di associazioni di categoria circa la parte del testo concernente la disciplina del riscatto anticipato da parte dei comuni … Con riguardo al quesito concernente il riscatto anticipato, in termini generali va spiegato che il comma 69 dell’articolo unico del disegno di legge n. 3297-B, nel testo approvato dal Senato, intende fare salvo all’ente comunale concedente, durante il periodo transitorio, il diritto potestativo di riscatto anticipato del servizio pubblico in concessione, esercitabile a determinate condizioni: tale facoltà sia espressamente prevista dall’atto di concessione; siano rispettate le modalità di esercizio di detta facoltà, come stabilite nell’atto di concessione. Al riguardo, nel prevedere la possibilità del riscatto anticipato della concessione, si fa solitamente richiamo al disposto dell’articolo 24 del regio decreto n. 2578 del 1925, … Il riscatto anticipato non può dunque essere esercitato liberamente, ma è soggetto ad una rigida tempistica, da determinarsi caso per caso, sulla base dell’atto di concessione ed, in particolare, sulla durata della concessione stessa. Il servizio riscattato sia riaffidato ad un nuovo gestore esterno da individuarsi mediante gara. La novella interpretativa introdotta dal disegno di legge Marzano mira semplicemente a preservare un diritto potestativo (riscatto anticipato) che l’atto di concessione (ovvero l’articolo 24 del regio decreto n. 2578 del 1925) già riconosce all’ente comunale, ma il cui esercizio viene ritenuto illegittimo da un prevalente orientamento giurisprudenziale, che pone in relazione di consustanzialità l’esercizio del riscatto con una gestione diretta del servizio pubblico di distribuzione del gas, non più consentita dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 164 del 2000 … È fatto comunque salvo il diritto al riscatto anticipato durante il periodo transitorio, sussistendone le condizioni, come sopra evidenziato … In buona sostanza, il disegno di legge Marzano stabilisce che il periodo transitorio termina al 31 dicembre 2007 e entro detto periodo il comune potrà esercitare il riscatto anticipato alle condizioni e con le modalità di cui all’articolo 24 del regio decreto n. 2578 del 1925, con un preavviso di un anno … Quindi, il cuore della norma che fa riferimento al riscatto anticipato ottiene un risultato assolutamente positivo e condivisibile per la collettività, dando la possibilità ai comuni di potere indire nuove gare; tutto questo con lo spirito di tutelare sempre e comunque l’attività imprenditoriale: infatti la tempistica delle scadenze, sia per il riscatto sia per i rinnovi, è ben definita e lascia la possibilità ai gestori di potere pianificare la propria attività … Le imprese infatti continuano ad essere tutelate, visto che il Senato si è limitato ad approvare un emendamento interpretativo già contenuto nel testo del disegno di legge Marzano approvato nel luglio scorso alla Camera; detto emendamento chiarisce la portata di una norma già in vigore da quattro anni (articolo 15 del decreto legislativo n. 164), confermando il diritto potestativo al riscatto anticipato, se previsto nei contratti di affidamento e di concessione. Sotto questo profilo, dunque, non vi è nessuna modifica, né del sistema normativo (il riscatto anticipato è un diritto riconosciuto agli enti locali dal testo unico del 1925, sulla base di una norma – articolo 24 – mai abrogata), né di quello pattizio voluto ed accettato dalle parti (ente locale concedente e concessionaria) mediante sottoscrizione del relativo contratto di affidamento e di concessione. Ne consegue che l’esercizio di un diritto, previsto sia dalla legge, sia dal contratto, non può influire in alcun modo sui programmi imprenditoriali e sui piani di investimento che il concessionario – imprenditore deve aver configurato all’atto della sottoscrizione del contratto”.


Da quanto testé riferito emerge, quindi, che il Legislatore è stato mosso proprio dall’intento di superare, per via d’interpretazione autentica, l’anzidetto indirizzo ermeneutico del giudice amministrativo e di consentire per l’effetto, anche nel corso del periodo transitorio, l’esercizio da parte degli enti locali del potere di riscatto, secondo le norme previste dal risalente T.U. 2578 del 1925.


9.1. Questo Collegio a sua volta reputa che – al di là degli intendimenti dichiaratamente avuti di mira dai conditores juris – giammai possa riconoscersi natura interpretativa (e, quindi, efficacia retroattiva) ad una disciplina che, sebbene qualificata e formulata come tale dal Legislatore, privilegi tuttavia un’esegesi precedentemente non consentita alla stregua degli ordinari canoni dell’ermeneutica legislativa, dovendo pertanto seriamente dubitarsi della costituzionalità di disposizioni legislative – ancorchè recanti formulazioni letterali tali da ricondurne il significato a norme di interpretazione autentica - laddove esse risultino finalizzate – mediante una ben evidente forzatura letterale - ad attribuire ad una disposizione previgente un significato precettivo da essa  obiettivamente non ritraibile pur utilizzando nella massima espansione applicativa tutte le regole e le tecniche in materia di interpretatio legis.


9.2. Il Collegio non ignora che dopo l’entrata in vigore dell’art.1, comma 69, della L. 239 del 2004 qui in esame alcune pronunce giurisprudenziali hanno ritenuto che la disciplina in esso contenuta non presenta profili contrari ai dettami costituzionali.


In particolare, secondo quanto affermato da Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2005 n. 3817, si perverrebbe al risultato della compatibilità tra lo ius novum e gli artt. 97 e 3 Cost., rilevando “che: I) contrariamente agli obiettivi assertivamente perseguiti dal Legislatore con il varo del comma 69 e per un non infrequente fenomeno di rifrazione proprio di ogni nomopoiesi (indotto dai riverberi sistemici di qualunque norma immessa nell’ordinamento), l’entrata in vigore della disposizione dell’art. 1 della L. 239 del 2004 ha unicamente “fatt(o) salva” la facoltà di riscatto eventualmente quella “stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione” e non anche quella prevista dal regio decreto del 1925; II) la norma autenticamente interpretata dall’art.1 della L. 239 del 2004 non è poi l’art. 24 del ridetto testo unico, ma l’art.  15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164; III) il suddetto comma 5 effettivamente lasciava spazio a differenti interpretazioni, nella parte in cui esso non affrontava espressamente l’aspetto della reale incidenza dello jus superveniens sui rapporti convenzionali in essere, ossia nella parte in cui la disposizione non regolava il campo delle possibili interferenze, sul piano intertemporale, tra il principio di esternalizzazione di nuovo conio e quello della tendenziale indifferenza al mutato quadro normativo del diritto potestativo di riscatto, eventualmente concordato in passato dalle parti e dedotto nei relativi atti di concessione o di affidamento. Queste conclusioni promanano da più considerazioni. Innanzitutto, e non è un dato di poco momento, il comma 69 nemmeno menziona il testo unico del 1925. Del resto, l’art. 35, comma 12, lett. G), della L. 28.12.2001, n. 448 (Legge finanziaria 2002), contenente norme in materia di servizi pubblici locali, ha abrogato il comma 3 dell’art. 123 del D.L.vo 267 del 2000. Orbene, tale norma transitoria del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali disponeva: “Le norme del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all’adeguamento delle aziende speciali alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresì per l’esercizio del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione”.In altri termini, la disciplina sul riscatto del 1925, ove pure ipoteticamente sopravvissuta dal “Decreto Letta” (ma così non è), sicuramente non è riuscita a scampare alla Finanziaria per il 2002. Va pertanto recisamente scartata l’idea che il comma 69 abbia potuto resuscitare l’art. 24 del R.D. 2578 del 1925. O, meglio, l’adesione a tale tesi – che il Collegio di converso ripudia – veramente darebbe forza alle perplessità manifestate … posto che ad un comma che facesse rivivere una disposizione abrogata, certamente non potrebbe riconoscersi natura meramente interpretativa, né efficacia retroattiva. ….È dunque giocoforza ritenere che la norma investita dalla Legge Marzano sia soltanto l’art. 15, comma 5, del “Decreto Letta”. Dalla considerazione congiunta dei precedenti rilievi si giunge alla conclusione che l’art. 1 della L. 239 del 2004 non abbia inteso ripristinare innovativamente (o, comunque, tale risultato non sembra esser stato conseguito), per il futuro, l’abrogata potestà di riscatto anticipata in passato prevista dall’art. 24 del Testo unico del 1925. Al contrario, il comma in disamina, collocandosi in quell’area d’incertezza regolativa sopra individuata … mira unicamente ad escludere che possa impedirsi ad un ente locale concedente di avvalersi, nel periodo transitorio, di una potestà di riscatto a suo tempo legittimamente dedotta in un atto di concessione o di affidamento ancora in essere. Detto altrimenti, sebbene l’effetto indiretto della norma interpretativa sia consistito nel conservare efficacia ultrattiva alle eventuali clausole di riscatto anticipato espressamente dedotte negli atti di affidamento o di concessione (e soltanto a queste), nondimeno dal punto di vista giuridico a tale risultato il Legislatore è obiettivamente  pervenuto espungendo dall’insieme delle norme in passato astrattamente ricavabili, per via ermeneutica, dall’interpretazione dell’art. 15, comma 5, del “Decreto Letta” soltanto quella corrispondente al principio generale, sancito dagli artt. 1374 e 1418 c.c., in ordine all’inefficacia (nella specie, parziale) di tutte le clausole convenzionali – ivi comprese quelle contenute in “accordi ad oggetto pubblico” – risultanti a posteriori in conflitto con norme imperative sopravvenute. Quest’ultimo punto richiede un approfondimento. L’accordo concessorio, al pari del contratto, spiega tutti gli effetti che ne derivano secondo la legge. Taluni di questi effetti possono cessare, anche durante la fase esecutiva del rapporto, per ragioni indipendenti dalla volontà delle parti e da queste originariamente non previste: tipico è, appunto, il caso della sopravvenienza di una norma imperativa (o, riguardata la nozione dal punto di vista dell’atto amministrativo, di un divieto di ordine pubblico) che si ponga in insanabile contrasto con il contenuto della concessione o dell’affidamento tuttora in corso.Il fenomeno appena descritto è talora descritto come “invalidità successiva”. …Una volta calato il principio appena ricordato al caso in esame ed eliminando idealmente, per un momento, il comma 69, emerge come l’interpretazione del Decreto Letta, stante il silenzio serbato dal comma 5 dell’art. 15 in ordine allo specifico profilo in questione, potesse anche condurre a ritenere completamente private di efficacia, per factum principis, tutte le clausole degli accordi di concessione o di affidamento con le quali si fosse in pregresso convenuta l’attribuzione all’amministrazione di un diritto di riscatto anticipato (d’altronde in questo senso – si è detto – si è orientata anche la Sezione). …Ebbene, la Legge Marzano ha unicamente rimosso, per via interpretativa, la norma (si dà per acquisita l’idea che l’interpretazione autentica si concreta nell’espunzione  dall’ordinamento di singole norme – che sono il frutto dell’esegesi – senza intaccare il testo della disposizione interessata) che avrebbe potuto dar luogo a tale risultato, mantenendo in questo modo efficacia alle ridette clausole di riscatto ed ai relativi atti applicativi eventualmente adottati medio tempore (ossia dall’entrata in vigore del Decreto Letta fino alla Legge Marzano) dagli enti locali, seppure – è bene sottolinearlo – soltanto ai fini del nuovo affidamento del servizio di distribuzione del gas a differenti imprese, da selezionarsi mediante apposite gare. In pratica, in ossequio ai principi della stabilità e della continuità degli accordi (ivi inclusi quelli “di diritto pubblico”), si è conservata piena validità ai diritti potestativi di riscatto anticipato convenzionalmente riconosciuti, pur mutandosene la finalità (ovvero non la riassunzione, ma l’esternalizzazione). … Va pertanto segnalato, da ultimo, che l’art. 1 della L. n. 239 del 2004 soltanto in parte ha superato il precedente indirizzo seguito dalla Sezione: infatti, l’argomento a contrario depone nel senso della piena conferma dell’orientamento pretorio sopra riferito in tutti i casi in cui la facoltà di riscatto anticipata non sia stata espressamente prevista (si noti che la disposizione rinvia alle “norme ivi stabilite”) negli specifici regolamenti degli atti di concessione o di affidamento. In queste ipotesi, invero, non ricorrono affatto le condizioni stabilite dall’intervento legislativo in disamina e, dunque, deve ritenersi sicuramente precluso ai Comuni l’esercizio di un ormai inesistente potere generale di scioglimento anticipato del rapporto. … L’art. 1, comma 69, della L. 239 del 2004 ha dunque “sanato” retroattivamente, ossia fin dall’epoca della sua adozione, la delibera consiliare impugnata. … A quest’ultimo riguardo, occorre soggiungere che, ai fini dell’applicazione del comma 69, è sufficiente che la concessione o l’affidamento contengano anche la sola menzione (l’ipotetica lacuna regolamentare va invece interpretata in senso restrittivo) del “vecchio” art. 24 o altra previsione di analogo tenore. Infatti, stante tutto quanto sopra considerato, tale richiamo certamente non va concepito nei termini di una perdurante possibilità per l’ente concedente di riscattare il servizio ai fini della riassunzione in proprio dello stesso. Il rinvio della concessione all’art. 24 dovrà piuttosto intendersi come “fisso”, ossia soltanto alle norme del testo unico del 1925 (a suo tempo recepite nell’atto di concessione), ancora applicabili (ed in questo novero rientrano quelle sul procedimento da seguire) in quanto compatibili con il nuovo quadro delineato dal D.L.vo. 164 del 2000 (e, dunque, non, ad esempio, al comma 9 di detto articolo). I precedenti rilievi trovano, del resto, riscontro e conforto proprio nel contesto del comma 5 che, con riferimento al “rimborso a carico del nuovo gestore”, rinvia a “quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti” all’art. 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, unicamente richiamando la previsione in via recettizia (non si tratta cioè di un rinvio formale)”.


9.2. Questo Collegio, a sua volta, non condivide gli argomenti testè esposti, evidenziando quanto segue.


I) Non può ragionevolmente sostenersi, eludendo la chiara volontà del Legislatore emersa in sede di lavori preparatori, che nel caso in esame ricorra un’ipotesi “di rifrazione propri(a) di ogni nomopoiesi”, asseritamente costituita dalla circostanza che “l’entrata in vigore della disposizione dell’art. 1 della L. 239 del 2004 ha unicamente fatt(o) salva” la facoltà di riscatto eventualmente “stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione e non anche quella prevista dal regio decreto del 1925”: e ciò in quanto l’istituto “convenzionale” del riscatto che, come si è visto innanzi, doveva essere comunque introdotto nel testo contrattuale disciplinante i rapporti inter partes era il medesimo contemplato in via generale ed astratta dal T.U. 2578 del 1925.


II) Per lo stesso motivo, neppure giova la formale circostanza che la norma autenticamente interpretata dall’art.1 della L. 239 del 2004 non sia l’art. 24 del T.U. 2578 del 1925 ma l’art. 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164: anche ad ammettere che la disciplina contenuta in quest’ultimo sia, a sua volta, connessa a quella propria del riscatto di cui al predetto T.U. 2578 del 1925 (il che, obiettivamente, non risulta, posto che nessun elemento testuale sembra consentire tale conclusione), in ogni caso la disposizione interpretata non consente – infatti - di affermare, tra le possibili soluzioni ermeneutiche prefigurabili dalla sua lettura, la previgente esistenza di un qualsivoglia istituto di “riscatto”, contrattualmente individuabile inter partes in via del tutto indipendente rispetto ai tipici fini dell’istituto medesimo così come inequivocabilmente individuati dal T.U. 2578 del 1925: ossia – come si è visto - l’acquisizione del servizio da parte dell’amministrazione già concedente per il suo diretto espletamento, e non già l’affidamento del servizio medesimo ad altro gestore esterno.


III) Sul punto in questione, conseguentemente, il comma 5 dell’art. 15 del D.L.vo 164 del 2000 non lasciava spazio a dubbi di sorta.


Viceversa, proprio l’intervento “manipolativo” dell’art. 1, comma 69, primi due periodi, della L. 239 del 2004 ha introdotto nel “sistema” un istituto del tutto nuovo ed atipico, in alcun modo presupposto dalle stesse parti che hanno formato – in un ben diverso contesto normativo – le convenzioni disciplinanti lo svolgimento del servizio e i correlativi diritti ed obblighi, ossia una sorta di “recesso” privatistico esercitabile ai fini dell’eventuale ricerca di un nuovo gestore a mezzo di una nuova gara: istituto, questo, che per trovare da un punto di vista “contrattualistico” un qualsivoglia fondamento finalizzato alla trasformazione retroattiva ex lege dell’originaria volontà espressa dalle parti dovrebbe perlomeno fondarsi su di un’esplicita (ed altrettanto originaria) accettazione della parte privata a’ sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., nella specie mancante (e ciò, ad eloquente comprova che la clausola di riscatto sostanzialmente non rispondeva – nella presente fattispecie, ed in tutte le altre consimili fattispecie - ad una effettiva volontà contrattuale delle parti, ma al mero e del tutto doveroso richiamo ad una legge speciale venuta poi meno).


In tale contesto, quindi, la violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 97 Cost. appare evidente laddove, pur a fronte dell’inequivocamente avvenuta abrogazione dell’istituto del riscatto, si riesuma retroattivamente l’istituto medesimo a fini del tutto antitetici rispetto a quelli suoi propri, per di più travisando la stessa funzione della recezione dello stesso nell’ambito dei singoli contratti stipulati tra amministrazioni concedenti e gestori.


La lesione dei principi di buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, che implicano anche l’affidamento della parte privata nelle convenzioni da essa stipulate con la pubblica amministrazione, risulta ben evidente: senza sottacere, poi, che un ulteriore effetto perverso della disciplina “interpretativa” ora in esame si identifica nel sottrarre al “nuovo riscatto” (rectius: recesso extra ordinem) proprio quei rapporti nei quali, contra legem, non era stato dedotto in convenzione l’esercizio del riscatto ex art. 24 del T.U. 2578 del 1925 da parte dell’amministrazione concedente.


Né può sostenersi che la disciplina “interpretativa” introdotta dal legislatore costituisce uno strumento utile all’anticipazione dei tempi per il pieno adeguamento del “sistema” giuridico del mercato del gas italiano al contesto comunitario.


Tale adeguamento, infatti, va realizzato per certo con sollecitudine, ma con i tempi e i modi contemplati in via generale e del tutto garantistica dal legislatore, il quale – per contro – non può con tale pretesto incidere, in modo del tutto casuale, al di fuori delle scadenze temporali da esso stesso fissate erga omnes ed in via generale ed astratta, convertendo in via retroattiva, e per fini in alcun modo prefigurati dalla volontà delle parti, la funzione ab origineex lege proprio a favore di quei rapporti a suo tempo illegittimamente e illecitamente stipulati senza la previsione del riscatto di cui al T.U. 2578 del 1925). assunta da istituti contrattuali a loro volta infungibilmente conformati a disposizioni speciali di legge (e, come si è visto, per di più consentendo la ben più garantistica protrazione


10. In relazione a tutto ciò, è pertanto sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 69, primi due periodi, della L. 23 agosto 2004 n. 239 per violazione degli artt. 97 e 3 Cost.


La questione così sollevata risulta rilevante in quanto la rimozione della disciplina ivi contenuta comporterebbe la scadenza naturale della convenzione vigente tra le parti secondo la normale disciplina contenuta nel D.L.vo 164 del 2000 e successive modifiche, senza il ricorso ad un istituto anticipatorio di tale evento, invero contemplato dalla convenzione medesima ma il cui presupposto legislativo risulta comunque espunto dall’ordinamento e che non può essere ex lege retroattivamente richiamato in vigore a diversi fini rispetto a quelli già infungibilmente perseguiti da parte dello stesso legislatore.


Né tale questione appare manifestamente infondata in relazione alle considerazioni sin qui illustrate.


Si dispone, conseguentemente, la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, con conseguente sospensione del presente giudizio a’ sensi dell’art. 23 della L. 11 marzo 1953 n. 87, al fine della pronuncia sul presente incidente processuale.


P.Q.M.


Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 69, primi due periodi, della L. 23 agosto 2004 n. 239 per violazione degli artt. 97 e 3 Cost.


Dispone a’ sensi dell’art. 23 e ss. della L. 11 marzo 1953 n. 87 l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del presente giudizio.


Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonché Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.


Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 27 aprile 2007.


Il Presidente                                                                    L’Estensore

 


Il Segretario


Ultimo aggiornamento ( lunedì 15 ottobre 2007 )
 
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