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INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA DI AREA INQUINATA E ART. 49 DEL T.U. SUGLI ESPROPRI PDF Stampa E-mail
venerdì 05 ottobre 2007
Ai fini della messa in sicurezza di un'area inquinata, l'Amministrazione è titolare dei poteri di occupazione temporanea disciplinati dall'art. 49 del Testo Unico sulle espropriazioni.

T.A.R. Veneto, sez. III, 5 ottobre 2007, n. 3180:

 

"... Questione cruciale è invece la seconda, se, cioè, per l’esecuzione d’ufficio dei lavori di messa in sicurezza d’emergenza, l’Amministrazione potesse avvalersi del potere attribuito dall’ art. 49, V comma, del d.P.R. 327/01.
Ora, il Collegio - come, del resto, ammettono anche le ricorrenti - ritiene che il soggetto pubblico legittimato ad effettuare coattivamente interventi di salvaguardia ambientale deve poter disporre delle aree private interessate dalle relative opere.
In specie, il fondamento normativo di un siffatto potere viene individuato dalle ricorrenti nell’art. 50 del d. lgs. 267/00 e dall’Amministrazione resistente nel ripetuto art. 49 d.P.R. 327/01, ed il Collegio ritiene corretto quest’ultimo riferimento.
Non si vede, anzitutto, perché, disponendo d’una previsione speciale, la quale ben s’attaglia alla materia de qua, senza neppure alcun particolare sforzo esegetico, l’Amministrazione dovrebbe utilizzare una potestà extra ordinem, di contenuto indeterminato e d’impiego residuale, e dunque inapplicabile ogni volta che esista una specifica normativa regolante la fattispecie.
6.2.2. Ma, a parte tale banale considerazione, v’è da tener presente che, testualmente, l’art. 49, V comma, stabilisce – riecheggiando l’abrogato art. 71 della l. 25 giugno 1865, n. 2359 - come le disposizioni sull’occupazione temporanea d’aree non soggette a procedure espropriative si applicano, in quanto compatibili, nel caso di frane, alluvioni, rottura di argini e in ogni altro caso in cui si utilizzano beni altrui per urgenti ragioni di pubblica utilità.
Ora, l’elencazione, certamente non tassativa, concerne nel complesso tutte quelle fattispecie di pregiudizio, anche ambientale, che possano comportare rischi per la sicurezza collettiva, e nel cui ambito ben possono essere ricondotte le situazioni d’inquinamento o di pericolo di inquinamento.
Con la locuzione “ragioni di pubblica utilità”, poi, si indicano genericamente tutti i casi in cui l’utilizzo della proprietà “altrui” (includendo dunque anche i beni di Enti pubblici diversi da quelli competenti), è funzionale a far cessare, o almeno ad attenuare, tali situazioni pregiudizievoli collettive.
È poi ben possibile (e, anzi, assai frequente, visto che le situazioni pregiudizievoli sono normalmente circoscritte ed interessano beni e gruppi limitati) che, quale effetto collaterale, possa derivare dall’intervento, direttamente od indirettamente, anche un vantaggio per singoli individui, ma ciò non rende certo illegittimo l’esercizio del potere, ove comunque, attraverso lo stesso, venga realizzato l’interesse primario per cui è stato conferito; al più, si tratterà di ottenere, attraverso i comuni istituti giuridici, quale l’azione generale di arricchimento, un’adeguata contribuzione dai beneficiari.
6.2.3. La norma, del resto, non stabilisce le limitazioni suggerite dalle ricorrenti, né le distinzioni da queste proposte: e del tutto logicamente, del resto, essendo precipuamente destinata alla tutela di evidenti interessi collettivi di carattere generale, affatto prevalenti sulle posizioni individuali.
6.2.4. D’altro canto, non è nemmeno vero che l’occupazione dell’area de qua arrechi vantaggio esclusivamente al suo proprietario.
Invero, rimarcata nuovamente la reiterata confusione operata in ricorso tra la procedura di messa in sicurezza e quella di bonifica, è da rilevare come la prima sia destinata a confinare in un ambito limitato la situazione d’inquinamento, così da evitare che questa possa gradatamente espandersi, interessando in misura crescente le ricorse ambientali ed i beni d’altri soggetti: che si tratti dunque d’intervento di pubblica utilità non si può in alcun modo dubitare
6.2.5. Per quanto riguarda infine la materia dell’urgenza, la messa in sicurezza d’emergenza è, per definizione, attività urgente.
La circostanza che essa sia stata qui ritardata ovviamente accresce e non diminuisce la necessità di effettuare i richiesti interventi e di disporre a tal fine dei beni necessari". 

Ultimo aggiornamento ( martedì 16 ottobre 2007 )
 
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