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IL TAR VENETO ED IL COMPUTO DEL CANONE DI OCCUPAZIONE DI SPAZI ED AREE PUBBLICI PDF Stampa E-mail
domenica 07 ottobre 2007

T.A.R. Veneto, sez. III, sentenza 5 ottobre 2007, n. 3182

Con riferimento al criterio per la determinazione del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (C.O.S.A.P.) ha osservato la III Sezione che occorre far riferimento all' art. 9, comma settimo, del d. lgs. 507/93, la cui attuale formulazione,  come risultante  a seguito della novella apportata dall’ art. 145 del d. lgs. 388/00, è la seguente: “[...] il pagamento di canoni di locazione o di concessione (vanno) commisurati, questi ultimi, alla effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario”.
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Avverte infatti la Sezione che con l'espressione “canoni di concessione” debba farsi riferimento agli stessi canoni C.O.S.A.P. Nell'ambito della regolazione del conflitto tra le norme del regolamento comunale per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche e le disposizioni contenute nella fonte primaria (d.lgs. n. 388/2000) lo stesso T.A.R. Veneto opera una fondamentale distinzione: ”se queste ultime sono precedenti, il rimedio sarà l’annullamento – o la disapplicazione – mentre se successive, ne discenderà senz'altro l'abrogazione della norma secondaria. 


Giurisdizione e competenza- controversie relative al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche-giurisdizione delle commissioni tributarie.

 Ai sensi dell'art. 2 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, siccome novellato dall’art. 3 bis della l. 2 dicembre 2005, n. 248, sono devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche. (1)

Atto amministrativo- atto regolamentare in contrasto con successiva norma sovraordinata- abrogazione tacita per incompatibilità con fonte di rango superiore.

Secondo il principio di gerarchia delle fonti delineato dall'art. 4 delle preleggi è' da ritenersi automaticamente abrogata la norma contenuta in un regolamento dell'Ente locale che venga a porsi in contrasto con una posteriore disposizione di legge. (2)

Imposte e tasse- occupazione di spazi ed aree pubbliche con impianti recanti messaggi pubblicitari - canoni di locazione o di concessione - vanno commisurati all'effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario.

L'entità del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche con installazioni recanti messaggi pubblicitari non si determina in relazione alla superficie dell'impianto ma va invece commisurata alla superficie realmente occupata con il mezzo pubblicitario.

 

(1) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 21 gennaio 2003, n. 79. Sulla giurisdizione del G.O. in subiecta materia: Cass., S.U., 18 settembre 2006, n. 20067; T.A.R. Veneto, sez. III, 18 maggio 2006, n. 1365.

(2) Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 25 novembre 2003, n. 13916.


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:

Angelo De Zotti                   Presidente

Rita De Piero                       Consigliere

Angelo Gabbricci                 Consigliere, relatore

ha pronunciato, nella forma semplificata di cui agli artt. 21 e 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, la seguente

SENTENZA

nel giudizio introdotto con il ricorso n. 1431/2007, proposto da Girardi Pubblicità S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Ruffo e Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;

contro

il Comune di Verona, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Caineri e Michelon, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Veneto, giusta art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054;

per l’annullamento:

1) della nota comunale 9 maggio 2007, n. 104454, avente ad oggetto “adeguamento impianti pubblicitari ex artt. 58 del vigente regolamento di esecuzione del codice della strada, e 67 del vigente regolamento comunale della pubblicità e delle pubbliche affissioni – rilascio autorizzazione;

2) della nota comunale 14 maggio 2007, trasmessa via fax, che annulla e sostituisce il prospetto riassuntivo, allegato sub A al provvedimento impugnato sub 1;

3) della nota comunale 1 giugno 2007, trasmessa via fax, avente ad oggetto “N° di Rep – autorizzazione impianti adeguati da riportare su targhetta”;

4) della nota 4 giugno 2007, prot. 123456, avente ad oggetto “canone occupazione suolo pubblico per cartelli pubblicitari posti lungo le strade del territorio comunale”;

5) dell’art. 27 del regolamento per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche del Comune di Verona, approvato con deliberazione consiliare 28 dicembre 1998, n. 123, e modificato con deliberazioni consiliari 24 novembre 2000, n. 82, e 29 marzo 2001, n. 25.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visti gli atti tutti di causa;

udito all’udienza camerale del 6 settembre 2007 (relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci), l’avv. Ruffo per la ricorrente e l’avv. Piazza in sostituzione di Squadroni, per l’Amministrazione resistente;

considerato

che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Presidente del Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, ex artt. 21, XI comma, e 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

che sussistono effettivamente i presupposti per pronunciare tale sentenza nei termini seguenti.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

1.1. Il Comune di Verona  ha recentemente completato la verifica sugli impianti pubblicitari costì esistenti, per adeguarli, ove necessario, alle previsioni del codice stradale.

1.2. La Girardi Pubblicità S.r.l., con la nota comunale in epigrafe impugnata sub 1, è stata recentemente invitata a ritirare, per i suoi cartelli riconosciuti come “adeguati”, le relative autorizzazioni, ricomprendenti “anche la concessione per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, per la quale è dovuto un canone, secondo quanto stabilito dal vigente Regolamento comunale”. Essendo ciascun impianto “esistente anteriormente al 31 dicembre 1997”, la ditta avrebbe dovuto “regolarizzare la propria posizione pregressa versando il canone dovuto, calcolato a partire dal mese di aprile 2002 e fino al marzo 2007”: importo infine determinato in € 81.718,49 – atto sub 2 in epigrafe.

1.3. In realtà, la ricorrente aveva in passato via via corrisposto, per lo stesso periodo, delle somme a titolo di canone per occupazione di spazi ed aree pubblici (C.O.S.A.P.) – ed infatti la nota precisava che tali importi andavano dedotti dal dovuto – ma il Comune ha ritenuto che questi fossero stati determinati in violazione del regolamento comunale per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, e segnatamente dell’ art. 27 (applicazione del canone e graduazione delle tariffe), il cui IX comma dispone che, per le occupazioni di spazi pubblici con cartelloni ed altri mezzi pubblicitari, “la superficie di riferimento ai fini del canone è data dalle dimensioni dei cartelloni e mezzi medesimi, risultante dall’atto di concessione, per la parte adibita a pubblicità. Non sono computabili i sostegni al suolo”.

2.1. La ricorrente ha impugnato sia i provvedimenti con cui il C.O.S.A.P. è stato determinato nel 2007, sia la norma regolamentare ora citata.

2.2. Quanto ai primi, non v’è dubbio che su di essi il giudice amministrativo non ha giurisdizione, giusta art. 2 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, siccome novellato dall’art. 3 bis della l. 2 dicembre 2005, n. 248, il quale attribuisce alle commissioni tributarie anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, previsto dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (ma sulla persistenza, in subiecta materia, di una giurisdizione del giudice ordinario, cfr. Cass., s.u., 18 settembre 2006, n. 20067).

2.3. Questo giudice ha invece giurisdizione sull’atto regolamentare generale, per il suo indubbio contenuto autoritativo, oggettivamente e soggettivamente amministrativo.

Ad esso si riferisce soltanto il primo motivo di ricorso, rubricato nella violazione dell’art. 9, VII comma, del d. lgs. 15 novembre 1993, n. 507, così come modificato dall’art. 145 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

2.4. Con gli atti applicativi ricordati, secondo il ricorrente, il Comune ha quantificato il C.O.S.A.P. in rapporto alla superficie del cartello pubblicitario, e non a quella del suolo occupato, e ciò fondandosi sul ripetuto art. 27, IX comma, del regolamento.

Tale disposizione, peraltro, prosegue il ricorrente, “è illegittima, ma prima ancora, deve ritenersi essere stata abrogata” dall’art. 9, comma VII, del d. lgs. 507/93, il quale, dopo la novella apportata dall’ art. 145 del d. lgs. 388/00, stabilisce che “Qualora la pubblicità sia effettuata su impianti installati su beni appartenenti o dati in godimento al comune, l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità non esclude quella della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, nonché il pagamento di canoni di locazione o di concessione commisurati, questi ultimi, alla effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario”.

E poiché la previsione regolamentare è anteriore, “deve concludersi che … è stata abrogata e comunque sarebbe illegittima per contrasto con la norma di rango superiore”.

3.1. Orbene, il C.O.S.A.P. è stato introdotto nell’ordinamento della finanza locale dall’art. 63 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, il quale insieme aboliva la tassa per l’occupazione degli spazi ed aree pubblici - T.O.S.A.P. (di cui al capo II del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ed all’art. 5 della l. 16 maggio 1970, n. 281).

Peraltro, per effetto dell’art. 31 della l. 23 dicembre 1998, n. 448, la T.O.S.A.P. non è stata più eliminata, e l’art. 63 del d. lgs 446/97 stabilisce ora che i comuni possono, adottando appositi regolamenti, “escludere l’applicazione nel proprio territorio della T.O.S.A.P.”, e, in alternativa, “prevedere che l’occupazione, sia permanente che temporanea, degli spazi e delle aree” appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, sia assoggettata ad un canone di concessione, appunto il C.O.S.A.P., determinato in base a tariffa.

3.2. Ciò posto, sembra al Collegio evidente che i “canoni di concessione”, cui si riferisce l’art. 9, comma VII, del d. lgs. 507/93, non possano essere che i canoni O.S.A.P., ormai alternativi, nel vigente ordinamento, alla T.O.S.A.P., e riguardanti comunque impianti installati su beni appartenenti o dati in godimento al Comune.

L’Ente, nelle sue difese, sostiene che la disposizione riguarderebbe gli impianti pubblicitari di proprietà comunale, per tali dati in concessione a privati, su cui si paga un canone non per la concessione del suolo, ma per l’impianto nel suo complesso: la tesi, tuttavia, confligge evidentemente con il dato testuale, il quale si riferisce appunto agli impianti installati su beni comunali, a prescindere da chi ne sia il proprietario, e non agli impianti appartenenti al Comune.

3.3. È dunque evidente che il Comune di Verona è tenuto a determinare il C.O.S.A.P. per gli impianti pubblicitari di proprietà Girardi, autorizzati ad essere installati su spazi ed aree di proprietà comunale, commisurandolo “alla effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario”.

In altre parole – la sentenza che si citerà riguarda la T.O.S.A.P., ma il criterio è lo stesso - la superficie del suolo occupata va calcolata “sulla proiezione del maggior perimetro del corpo sospeso nello spazio aereo, proiezione che determina la quantità di terreno occupata sulla base dell’unità di misura del metroquadrato”: il corrispettivo, cioè, non riguarda “la maggiore o minore superficie del cartellone in funzione della destinazione di esso (a ciò provvede l’imposta sulla pubblicità), ma colpisce l’occupazione del suolo proporzionata al perimetro della facciata (o dell’eventuale somma delle facce data l’inclinazione del tabellone) prospiciente la superficie terrestre ed in proporzione ad essa” (Cass. 9 ottobre 1996, n. 8827).

4.1. L’art. 27, IX comma, del regolamento comunale non è formulato univocamente.

Tuttavia, riferendosi alla superficie data dalle “dimensioni” dei cartelloni, per la parte adibita a pubblicità, è più ragionevole intendere la prescrizione come ha fatto il Comune nei provvedimenti qui impugnati: dunque, nel senso che esso non si riferisce alla superficie di proprietà pubblica realmente occupata con il mezzo pubblicitario, quanto alla superficie dell’installazione utilizzata per il messaggio pubblicitario, e perciò in contrasto anche con la giurisprudenza ora citata.

4.2. Come osserva la ricorrente, dopo la modificazione dell’art. 9, VII comma, del d. lgs. 507/93, l’art. 27, IX comma, deve ritenersi abrogato per incompatibilità con la norma successiva sovraordinata.

Conclusione, questa, cui si perviene applicando, oltre che il principio sull’abrogazione tacita della norma incompatibile precedente (art. 15 preleggi), anche quella per cui i regolamenti degli Enti territoriali, attuativi di una fonte primaria, non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi (art. 4 preleggi): se queste ultime sono precedenti, il rimedio sarà l’annullamento – o la disapplicazione – mentre se successive, ne discenderà senz’altro l’abrogazione della norma secondaria.

5.1. Ne consegue che, proprio perché già abrogato e dunque non più esistente nell’ordinamento, come la stessa Girardi in principalità sostiene, l’art. 27, IX comma del regolamento non può essere annullato da questo giudice.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, in parte per carenza di giurisdizione, ed in parte per originario difetto d’interesse all’annullamento di un provvedimento non più esistente quando il gravame fu proposto.

5.2. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 6 settembre 2007.

Il Presidente                                                                        l’Estensore

 

        Il Segretario

 


 

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento ( mercoledì 17 ottobre 2007 )
 
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