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IL TAR SI PRONUNCIA SUL “PIANO CASA”: LA DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE E’ POSSIBILE OVUNQUE PDF Stampa E-mail
lunedì 07 giugno 2010
di EMILIANO BANDARIN TROI.
Con la sentenza n. 2385/2010, qui di seguito riportata, il TAR Veneto ha preso posizione sulla legge regionale n. 14/2009 (concernente il cosiddetto “piano casa”). Si ritiene utile segnalare tale pronuncia in quanto il contenzioso presupposto ha dato l’occasione al giudice adito di fornire significative indicazioni operative ed applicative in merito al nuovo istituto contenuto nella novella regionale sopra citata, come risulta confermato anche dalla ampiezza ed esaustività dell’apparato motivazionale della sentenza in esame.
Gli antefatti
La fattispecie concreta che ha dato origine al giudizio concluso con la citata sentenza muoveva dal diniego alla richiesta di demolizione e ricostruzione di un preesistente manufatto insistente su area impropria avanzata dal proprietario in forza dell’art. 3 della l.r. 14/2009. Più specificamente, vale la pena precisare che l’intervento proposto non prevedeva alcun ampliamento volumetrico, ma il semplice recupero dell’esistente, ancorché attuato attraverso una ristrutturazione “pesante” con demolizione e ricostruzione. Il competente Comune rigettava la richiesta di intervento, ritenendo che la stessa non poteva essere accolta, in quanto l’immobile oggetto di intervento insisteva su area a destinazione “verde pubblico di quartiere” e quindi incongrua rispetto alla concreta destinazione d’uso abitativa del manufatto oggetto di intervento.
Avverso il diniego comunale agiva il proprietario, il quale contestava il provvedimento impugnato, sostenendo – fra l’altro – la legittimità dell’intervento richiesto, in quanto: i) la ristrutturazione, senza aumento di volume, non aggravava la situazione preesistente e, pertanto, ancorchè fuori zona, consente l’attuazione del fine specificamente dichiarato dal legislatore regionale dalla “sostituzione e rinnovamento del patrimonio edilizio esistente”; ii) nel testo della norma citata non risultava in alcun modo rinvenibile la subordinazione dell’intervento di ristrutturazione alla compatibilità urbanistica fra il manufatto oggetto di intervento e la destinazione di zona.
La pronuncia
Tanto premesso con la sentenza n. 2385/2010, pubblicata il 4.06.2010, il TAR del Veneto prendeva posizione sulla specifica situazione di fatto sopra esposta, condividendo le ragioni di ricorso sopra esposte. In particolare il giudice adito precisava che “il vincolo di compatibilità urbanistica opera, infatti, solo in relazione agli interventi di ampliamento, ma non anche quando le opere che si intendono eseguire consistono nella demolizione e ricostruzione dell’edificio”.
In altre parole, la compatibilità urbanistica della destinazione d’uso di zona e dell’edificio oggetto di intervento rileva solo nei casi di interventi che comportino l’ampliamento, in qualunque misura esso sia previsto (e quindi con riferimento all’art. 3 della l.r. 14/2009, anche qualora l’ampliamento risulti inferiore al 40%). Per contro, la predetta compatibilità urbanistica non rileva qualora gli interventi siano limitati alla demolizione e ricostruzione.
Inoltre, come anticipato, nel citato pronunciamento vengono forniti ulteriori spunti interpretativi ed applicativi che meritano comunque di essere segnalati, anche se ulteriori rispetto alla soluzione dell’interesse specifico sotteso al ricorso che gli ha dato origine.
Più nel dettaglio, la pronuncia statuisce che:
i) alla limitazione di cui all’art. 9, comma secondo, secondo periodo, deve essere attribuita portata generale e, malgrado il contesto testuale, tale limitazione non può essere riferita ai soli casi di interventi di ampliamento eseguiti unitamente al cambio di destinazione d’uso;
ii) per l’effetto, l’art. 2 della l.r. 14/2009 deve essere letto congiuntamente al secondo comma, secondo periodo, dell’art. 9 citato, e pertanto gli interventi di ampliamento ivi previsti possono essere realizzati solo ove la destinazione d’uso dell’edificio oggetto dell’ampliamento sia compatibile con la destinazione urbanistica dell’area sulla quale lo stesso insiste.
Valutazioni conclusive
Ad avviso di chi scrive la pronuncia in commento sembra fornire una potenzialità applicativa della novella di cui alla l.r. 14/2009 afferente ad aspetti che, seppure non evidenti ictu oculi alla lettura del dato testuale, sono nondimeno suscettibili di una concreta applicazione pratica.
Invero, i primi commenti hanno evidenziato una certa delusione rispetto alle aspettative, in quanto, con riferimento alle possibilità di ampliamento dell’esistente, il regime eccezionale e derogatorio introdotto dalla novella pare concretamente riferibile ai soli limiti di densità fondiaria ed eventualmente edilizia, mentre risultano confermati anche dalla novella molti degli altri profili vincolistici che nella prassi edificatoria quotidiana risultano gravemente penalizzanti. Ci si riferisce alla circostanza che il testo normativo approvato dal Consiglio regionale, dopo una lunga preparazione e revisione dell’originario progetto di legge, ha confermato sia i vincoli edilizi, così come previsti dal piano regolatore comunale (primo fra tutti quello della conformità alla destinazione di zona), sia i vincoli imposti dalla tutela dei valori storici, artistici, paesaggistici, naturalistici, ecc …
A fronte di ciò, la sentenza in commento sembra fornire, ad avviso di chi scrive, un nuovo spunto di utilità applicativa per la l.r. 14/2009, aprendo alla possibilità di utilizzare tale disciplina per poter eseguire - anche per edifici insistenti su aree urbanisticamente incongrue - tutti gli interventi di cui alle tipologie edilizie comprese dalla lettera a) alla lettera d) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, ivi compresa la ristrutturazione tramite demolizione e ricostruzione. Per meglio comprendere la concreta portata applicativa di tale arresto, basti ricordare i limiti spesso imposti da molte regolamentazioni comunali ad interventi di ristrutturazione, tanto più se attuati tramite demolizione e ricostruzione, in caso di incompatibilità urbanistica fra l’area di sedime e l’uso che dell’immobile oggetto di intervento viene fatto (ancorché si tratti di uso comunque originariamente autorizzato o comunque legittimato successivamente).
Proprio in relazione a tale aspetto si ritiene pertanto utile segnalare che la l.r. 14/2009, secondo l’interpretazione fornita dalla sentenza in commento, che potrebbe avere portata applicativa anche maggiore, almeno numericamente, rispetto agli interventi di ampliamento.
N. 02385/2010 REG.SEN.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2296 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da Giulia Zampieri, rappresentata e difesa dagli avv. Mario Azzarita ed Emiliano Bardarin Troi, con domicilio ex lege (art. 35 RD 1054/1924 e art. 19 L. 1034/1971), presso la Segreteria di questo T.A.R.;
contro
il Comune di Padova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandra Montobbio, Vincenzo Mizzoni, Marina Lotto, Paolo Bernardi, Alberto Bicocchi e Paola Munari, con domicilio ex lege (art. 35 RD 1054/1924 e art. 19 L. 1034/1971), presso la Segreteria di questo T.A.R.;
per l'annullamento
dell’ordinanza del 9.9.2009 con la quale è stato ingiunto di non eseguire l’intervento edilizio oggetto della D.I.A. presentata in data 18 agosto 2009 e relativo ad immobile sito in Padova, Via Mamiani, n.16 e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente;
nonché, con i motivi aggiunti depositati il 7 dicembre 2009:
per l'annullamento dell’ordinanza adottata in data 2.10.2009, , prot. n.263946, con la quale è stato ingiunto di non eseguire l’intervento di demolizione e ricostruzione oggetto della D.I.A. presentata in data 17 settembre 2009 e relativo ad immobile sito in Padova, Via Mamiani n. 16; dell'art. 32 delle N.T.A. allegate al P.R.G. del Comune di Padova, nella parte in cui per le aree classificate "servizi pubblici e verde attrezzato" di quartiere prevede che "per gli edifici con utilizzazione non conforme sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria"; di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Padova;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2010 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Giulia Zampieri è proprietaria, nel Comune di Padova, di un immobile a destinazione residenziale, catastalmente censito al foglio 54, mapp. 247.
La destinazione residenziale è stata riconosciuta dall’Amministrazione comunale con provvedimento n.8274/2004, adottato il data 19 luglio 2007, con il quale è stata accolta l’istanza presentata dalla Zampieri ai sensi dell’art. 32 della l. n. 326 del 2003.
Deve essere, inoltre, sottolineato che il PRG prevede che la destinazione di zona dell’area sulla quale insiste il suddetto immobile è quella di “Area per servizi pubblici di quartiere – verde pubblico attrezzato” e su tale edificio fuori zona, in forza delle previsioni contenute nell’art. 32 delle N.T.A. al P.R.G., non sono consentiti interventi diversi da quelli di manutenzione ordinaria, con espressa esclusione di tutte le altre tipologie edilizie.
A seguito dell’entrata in vigore della l. r. n.14 dell’8 luglio 2009, nota come “Piano casa Veneto”, con la quale è stato introdotto un regime straordinario allo scopo di consentire il rilancio dell’attività edilizia ed il contestuale miglioramento della qualità architettonica ed edilizia, la Zampieri ha presentato, in data 18 agosto 2009, una denuncia di inizio attività (DIA) avente ad oggetto l’esecuzione di un intervento di ristrutturazione ed ampliamento, ai sensi degli artt. 2, 3 e 10 della sopra citata legge regionale.
A seguito della presentazione della suddetta DIA, l’Amministrazione comunale ha adottato, in data 9 settembre 2009, il provvedimento in questa sede gravato, con il quale ha inibito l’esecuzione dell’intervento a motivo dell’insussistenza dei presupposti e dei requisiti prescritti; in particolare, l’Amministrazione comunale ha ritenuto l’intervento, richiesto ai sensi del’art. 2 della l.r. n.14 del 2009, in contrasto con l’art. 9, comma 2, del medesimo testo legislativo, <<in quanto l’ampliamento previsto ricade in area con destinazione di PRG “area per servizi pubblici di quartiere- verde pubblico ed attrezzato”, destinazione non compatibile con la destinazione residenziale dell’ampliamento che si intende realizzare >>.
Il suddetto provvedimento è stato impugnato con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato all’Amministrazione comunale in data 16 novembre 2009.
Prima della proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio, la Zampieri ha presentato, in data 17 settembre 2009, una nuova DIA avente ad oggetto solo l’intervento di demolizione e ricostruzione da effettuare sul suddetto immobile.
Anche in relazione a tale DIA, tuttavia, l’Amministrazione comunale ha adottato, in data 2 ottobre 2009, un provvedimento con il quale ha inibito l’esecuzione dell’intervento ritenendo lo stesso in contrasto con “l’art. 32 delle N.T.A. del P.R.G. che prevede la ristrutturazione solo per gli edifici esistenti con destinazione d’uso conforme a quella dell’area per Servizi Pubblici di Quartiere- Verde Pubblico e attrezzato, mentre per gli edifici a destinazione residenziale, come quello in esame, sono ammessi esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria” ed ha, inoltre, rilevato che “l’intervento non rientra tra le fattispecie derogabili indicate dagli articoli 2 e 3 della l.r. n.14/2009”.
Anche questo provvedimento è stato impugnato – unitamente all’ 32 delle N.T.A. del P.R.G. nella parte in cui prevede, per le aree classificate "servizi pubblici e verde attrezzato" di quartiere, che "per gli edifici con utilizzazione non conforme sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria" – con ricorso per motivi aggiunti, depositato il 7 dicembre 2009 .
Il Comune di Padova si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
All’udienza del 25 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1.Preliminarmente il Collegio deve esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per acquiescenza al provvedimento gravato dedotta dalla difesa dell’Amministrazione resistente in quanto, prima della notificazione dello stesso all’Amministrazione comunale, è stata presentata una nuova DIA avente ad oggetto un intervento edilizio più limitato rispetto al precedente, riferito alla sola demolizione e ricostruzione del fabbricato.
L’eccezione è fondata.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio la difesa della Zampieri ha impugnato il provvedimento adottato dall’Amministrazione comunale in data 9 settembre 2009, con il quale è stata inibita l’esecuzione dell’intervento edilizio oggetto della D.I.A. presentata il 18 agosto 2009, consistente nell’integrale demolizione e ricostruzione con ampliamento dell’immobile in proprietà.
Deve essere evidenziato, tuttavia, che prima della notificazione del ricorso al Comune di Padova, avvenuta in data 16 novembre 2009, la Zampieri ha presentato, il 17 settembre 2009, una nuova DIA riferita all’esecuzione sul suddetto immobile di un intervento di demolizione e ricostruzione.
Come si evince dallo stesso ricorso introduttivo, la Zampieri si è determinata alla presentazione della nuova DIA in considerazione della circostanza che nello stesso provvedimenti adottato dall’Amministrazione comunale il 9 settembre 2009 veniva fatta salva la possibilità di presentare una successiva denuncia di inizio attività “con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistico-edilizia”. Emerge, dunque, che la Zampieri abbia inteso procedere ad un adeguamento dell’intervento alla luce delle motivazioni poste alla base del provvedimento adottato dall’Amministrazione il 9 settembre 2009, in quanto riferite al solo ampliamento e non anche alla demolizione e ricostruzione. E’ di tutta evidenza che ciò implica una spontanea accettazione del provvedimento medesimo.
Dalla documentazione versata agli atti del presente giudizio non è dato, inoltre, rinvenire alcun elemento idoneo ad escludere l’acquiescenza; in particolare, non è stata espressa né altrimenti è desumibile, alcuna riserva riferita all’impugnazione del provvedimento con cui l’Amministrazione comunale ha precluso l’esecuzione degli interventi oggetto della prima DIA, presentata il 18 agosto 2009.
Da quanto esposto, infatti, emerge che la Zampieri ha spontaneamente accettato il provvedimento adottato dall’Amministrazione il 9 settembre 2009 il quale, peraltro, come sopra sottolineato, è stato impugnato solo dopo la presentazione della nuova DIA con la quale l’interessata ha inteso recepire proprio le motivazioni alla base della determinazione poi gravata.
Si palesano, dunque, sussistenti, tutti i presupposti per ritenere ormai intervenuta l’acquiescenza al provvedimento: quest’ultimo, infatti, è stato conosciuto dalla Zampieri prima della presentazione della nuova DIA, avvenuta il 17 settembre 2009, la quale costituisce elemento chiaro ed univoco della volontaria accettazione del provvedimento nonché elemento incompatibile con la proposizione del gravame.
Dalle considerazioni che precedono consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo per acquiescenza al provvedimento impugnato.
Ciò non di meno, in considerazione delle problematiche applicative poste dalla l. r. n.14 dell’8 luglio 2009, in Collegio ritiene opportuno rilevare, sia pure incidentalmente ed allo scopo di contribuire a dissipare i dubbi interpretativi posti dalla novella, l’infondatezza dell’unica articolata censura dedotta avverso il provvedimento del 9.9.2009, con il quale è stata preclusa l’esecuzione dell’intervento edilizio oggetto della D.I.A. presentata in data 18 agosto 2009.
Più specificamente, la difesa della ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 9, comma 2 della l.r. n. 14 del 2009 ai sensi del quale “gli ampliamento sono consentiti esclusivamente su aree che abbiano una destinazione compatibile con la destinazione d’uso dell’edificio da ampliare” in quanto, secondo l’interpretazione dalla stessa prospettata, la previsione non avrebbe –contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione comunale – portata generale, trovando applicazione solo nell’ipotesi in cui l’ampliamento sia associato al cambio di destinazione d’uso dell’immobile. A sostegno di tale interpretazione vengono addotte una serie di argomentazioni. Si osserva, in primo luogo, che la prima parte del secondo comma dell’art. 9 del suddetto testo legislativo si riferisce alla modifica di destinazione d’uso e, seguendo la logica secondo la quale alla previsione generale seguono quelle particolari, la seconda parte della disposizione, nel riferirsi agli ampliamenti, deve, evidentemente, interpretarsi nel senso che la stessa trova applicazione sono quando alla modifica della destinazione d’uso è associato anche l’ampliamento. Sotto il profilo sistematico, si evidenzia, altresì che le cause di esclusione generale degli interventi previsti dagli artt. 2, 3 e 4 della l.r. in esame sono disciplinate dal primo comma dell’art. 9 sicché risulterebbe incongrua la collocazione testuale di un’ulteriore causa di esclusione generale nell’ambito nel secondo comma dell’art. 9, il quale è specificamente riferito ad una tipologia particolare di intervento. A ciò si aggiunge che nei casi in cui il legislatore ha inteso imporre la conformità urbanistica per tipologie generali di ampliamento ciò ha fatto nell’ambito delle previsioni generali e di principio contenute negli artt. 2 e 3 della legge in esame. La difesa di parte ricorrente osserva, infine, che l’art. 1 della l.r. n.14 del 2009 ammette, al terzo comma, l’ampliamento anche sulle aree demaniali o vincolate ad uso pubblico che, in quanto tali, sono assolutamente incompatibili sotto il profilo urbanistico rispetto alla destinazione residenziale.
Tale ricostruzione ermeneutica non è condivisa dal Collegio.
Sebbene la ratio dell’intervento legislativo in esame sia, come sopra evidenziato, quella di incentivare, in una congiuntura economica altamente critica, il settore dell’edilizia attraverso la promozione degli interventi privati per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, non vi è dubbio che la disciplina speciale introdotta tiene conto della necessità di evitare uno stravolgimento dell’assetto urbanistico esistente e, a tal fine, pone una serie di limitazioni. Nella stessa circolare n. 4 del 29 settembre 2009 emanata del Presidente della Giunta Regionale, contenente note esplicative della legge regionale in argomento, si afferma, peraltro, che la l. r. n. 14 del 2009 “non è una legge urbanistica né edilizia – pur avendo contenuti che incidono significativamente sulla disciplina di queste materie – ma è, prima di tutto, una legge economico-finanziaria che mira a promuovere gli investimenti privati” nel settore.
L’art. 2 della l.r. n. 14 del 2009, nel disciplinare gli interventi in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, ammette l’ampliamento degli edifici esistenti nei limiti del 20% della superficie coperta se destinati ad uso residenziale mentre l’art. 3, al secondo comma, dispone che, in presenza di specifiche e tassative condizioni, sono possibili anche interventi di demolizione e ricostruzione di edifici con aumenti sino al 40% del volume esistente, purché gli stessi siano situati in zona territoriale propria e solo qualora per la ricostruzione vengano utilizzate tecniche costruttive di cui alla l.r. n.4 del 2007.
In relazione agli interventi di ampliamento assume specifica rilevanza la compatibilità della destinazione d’uso dell’edificio oggetto dell’ampliamento con la destinazione urbanistica dell’area sulla quale lo stesso insiste.
L’art. 2 sopra citato, infatti, deve essere interpretato – come correttamente evidenziato dalla difesa dell’Amministrazione resistente – congiuntamente alla previsione contenuta nel secondo comma dell’art. 9, ai sensi del quale “in ogni caso gli ampliamento sono consentiti esclusivamente su aree che abbiano una destinazione compatibile con la destinazione d’uso dell’edificio da ampliare”.
Il dettato normativo non presenta alcun dubbio interpretativo in ordine alla portata generale della suddetta previsione.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, infatti, l’art. 9 della l. r. n. 14 del 2009 presenta una struttura lineare, dettando prescrizioni che con un adeguato livello di dettaglio specificano i limiti entro i quali opera il regime straordinario introdotto.
La delimitazione dell’ambito di applicazione della seconda parte del secondo comma dell’art. 9 sopra citato alle sole fattispecie nelle quali l’ampliamento sia associato ad una modifica della destinazione d’uso non è ritraibile né alla stregua di un canone di interpretazione letterale né sistematico o teleologico.
Sotto il primo aspetto il Collegio evidenzia che la locuzione “in ogni caso” che figura nel secondo comma dell’art. 9 in esame, stia proprio a denotare che in tutte le ipotesi di ampliamento, per il solo fatto dell’estensione volumetrica dell’immobile ed a prescindere da ogni ulteriore considerazione, è imprescindibile la compatibilità urbanistica. Con tale limitazione, peraltro, il legislatore regionale ha inteso evidentemente evitare – in un’ottica di contemperamento delle esigenze sopra evidenziate con quelle di tutela e salvaguardia dell’assetto del territorio – che il regime straordinario introdotto possa incidere sulle scelte pianificatorie operate, andando ben oltre la finalità, esplicitata nell’art. 1 della l.r. n. 14 del 2009, del “miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e delle fonti di energia rinnovabili”.
Sotto il profilo sistematico, deve essere sottolineato, che l’art. 3, nelle ipotesi in cui ammette gli interventi di integrale demolizione e ricostruzione con ampliamento specifica che gli edifici interessati devono essere situati in zona territoriale propria.
L’immobile della ricorrente ricade in zona destinata a servizi pubblici di quartiere- verde pubblico e attrezzato e la destinazione d’uso residenziale, come rilevato nella narrativa in fatto, è stata legittimata a seguito dell’accoglimento dell’istanza di condono nel luglio del 2007. L’edifico, dunque, non è posto in zona territoriale propria, dovendosi, dunque, escludere la possibilità di ampliamento.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il Collegio evidenzia, peraltro, la correttezza degli indirizzi contenuti nella circolare del Presidente della Giunta Regionale n. 4 del 29 settembre 2009 (all. 7 delle produzioni documentali di parte resistente) nonché della deliberazione del Consiglio Comunale n. 111 del 26 ottobre 2009 nella parte in cui afferma che gli ampliamenti devono interessare edifici compatibili con le destinazioni d’uso previste dal PRG nella Zona o area in cui ricadono, ovvero essere situati in zona propria.
2. Il Collegio deve, a questo punto, esaminare le censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti con il quale la ricorrente ha impugnato l’ordinanza, adottata il 2.10.2009, che ha inibito l’esecuzione dell’intervento di demolizione e ricostruzione oggetto della D.I.A. presentata in data 17 settembre 2009 e dell'art. 32 delle N.T.A. allegate al P.R.G. del Comune di Padova, nella parte in cui per le aree classificate "servizi pubblici e verde attrezzato" di quartiere prevede che "per gli edifici con utilizzazione non conforme sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria".
2.1 Con il primo mezzo parte ricorrente lamenta il vizio dell’eccesso di potere per motivazione insufficiente nonché per carenza e travisamento dei presupposti.
Si evidenzia, in particolare, che la motivazione del provvedimento gravato si appunta sulla previsione contenuta nell’art. 32 delle N.T.A. del PRG che, in relazione alle aree ricomprese in zona destinata a "servizi pubblici e verde attrezzato" non consente sugli edifici esistenti interventi ulteriori rispetto a quelli di manutenzione ordinaria mentre nulla specifica in ordine all’inapplicabilità del regime straordinario introdotto con la l. r. n. 14 del 2009, ai sensi del quale la denuncia di inizio attività è stata presentata. Il provvedimento, infatti, si limita genericamente ad affermare che l’intervento “non rientra tra le fattispecie derogabili indicate agli articoli 2 e 3 della l.r. n. 14 del 2009 senza alcuna esplicitazione delle ragioni dell’incompatibilità.
La censura è fondata.
Il Collegio non ritiene, infatti, persuasiva l’interpretazione sostenuta dalla difesa dell’Amministrazione comunale tesa ad affermare che, in forza delle previsioni contenute nella l.r. n. 14 del 2009, sugli edifici situati in zona impropria sono preclusi non solo gli interventi di ampliamento ma anche quelli di demolizione e ricostruzione i quali postulano, comunque, la compatibilità urbanistica.
Tale interpretazione, infatti, non è coerente con la ratio dell’intervento del legislatore regionale, evidenziata al capo 1 della presente pronuncia, e, in specie, con l’obiettivo di incentivare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.
Il vincolo di compatibilità urbanistica opera, infatti, solo in relazione agli interventi di ampliamento ma non anche quando le opere che si intendono eseguire consistono nella demolizione e ricostruzione dell’edificio, non potendosi configurare – proprio per l’assenza di incrementi volumetrici – alcun pregiudizio sull’assetto urbanistico del territorio.
L’attenzione deve essere concentrata, in particolare, sulla previsione contenuta nell’art. 3 che, nel disciplinare gli interventi volti a favorire il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, dispone, in primo luogo, che la: “Regione promuove la sostituzione ed il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente mediante la demolizione e ricostruzione degli edifici realizzati anteriormente al 1989 e legittimati da titoli abilitativi che necessitano di essere adeguati agli standard qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza”.
Successivamente, al secondo comma, prevede che: < >.
Già ad un primo esame della disposizione emerge, in primo luogo, che il legislatore regionale ha legittimato l’esecuzione di interventi di integrale demolizione e ricostruzione in deroga alle previsioni contenute nella disciplina urbanistica ed edilizia comunale in presenza di specifici presupposti.
Il substrato motivazionale del provvedimento gravato, che si appunta sulle preclusioni derivanti dall’applicazione dell’art. 32 delle N.T.A. al PRG, risulta, dunque, del tutto non conferente, limitandosi a richiamare i contenuti di una disposizione che, sussistendo certe condizioni, è derogata in forza dell’art. 3, comma 2, della l. r. n. 14 del 2009 e destinata, dunque, a non trovare applicazione.
L’Amministrazione comunale, infatti, non avrebbe dovuto concentrare l’istruttoria sull’esame della specifica disciplina contenuta nel PRG e nelle relative NTA bensì avrebbe dovuto vagliare la sussistenza delle condizioni in presenza delle quali l’art. 3 del sopra citato testo legislativo ammette tanto la sola demolizione e ricostruzione quanto questa associata ad ampliamenti sino al 40% ovvero, nelle ipotesi previste dal terzo comma della medesima disposizione, sino al 50% del volume esistente.
Tali condizioni sono specificamente individuate e si riferiscono all’esigenza di intervenire su edifici realizzati anteriormente al 1989 e alla necessità che tale esigenza sia qualificata e, cioè, funzionalizzata al perseguimento degli attuali standard qualitativi architettonici, energetici, tecnologici e di sicurezza.
Il provvedimento gravato non reca alcun riferimento in ordine all’assenza delle prefate condizioni, palesando una motivazione connotata da estrema genericità, indicativa, peraltro, di una lacunosità dell’istruttoria condotta che ha omesso di prendere in considerazione proprio gli elementi condizionanti la legittimazione all’esecuzione dell’intervento edilizio oggetto della DIA.
Il Collegio deve, peraltro, sottolineare che nella perizia statica relativa al fabbricato de quo redatta dal geometra incaricato dalla ricorrente (all. 5 delle produzioni documentali di parte ricorrente depositate in data 7 dicembre 2009) si afferma non solo che il fabbricato è stato edificato nel 1940 e ristrutturato nel 1982 ma anche la necessità di un radicale intervento di ristrutturazione ed adeguamento statico per evitarne il crollo ed assicurarne le condizioni di sicurezza.
Dalla documentazione versata in atti emerge che l’Amministrazione comunale non ha svolto alcuna istruttoria in ordine agli elementi ed alle circostanze prospettare dalla Zampieri sicché, per le ragioni suddette, la censura dedotta deve essere accolta.
2.2 Il Collegio ritiene di dover esaminare anche il secondo mezzo con il quale la difesa della ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 3 della l.r. n.14 del 2009 nonché il vizio di eccesso di potere per carenza e travisamento dei presupposti e per contraddittorietà; ciò sia al fine di orientare l’Amministrazione in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 3 sopra citato sia perché non si rinvengono i presupposti per procedere all’assorbimento di tale motivo di ricorso. In proposito, il Collegio sottolinea e condivide l’orientamento espresso dalla giurisprudenza del giudice di appello il quale – valorizzando la portata generale del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, espresso dall'art. 112 c.p.c. – ha affermato che la prassi dell’assorbimento può correttamente operare solo nell’ipotesi in cui il giudice valuti che dall’accoglimento degli ulteriori motivi di ricorso dedotti non derivi più alcuna utilità al ricorrente (Cons. St., sez. VI, 04 agosto 2009, n. 4905).
Ciò premesso, anche il secondo motivo di ricorso è fondato.
Non è condivisibile, infatti, l’interpretazione prospettata dalla difesa dell’Amministrazione comunale secondo la quale la compatibilità urbanistica sarebbe necessaria non solo nelle ipotesi di interventi di ampliamento ma anche in quelle di demolizione e ricostruzione.
La necessità della sussistenza di tale compatibilità nelle fattispecie in cui vengono in considerazione esclusivamente interventi di demolizione e ricostruzione è da escludere, in primo luogo, alla luce degli artt. 3 e 9 della l. n. 14 del 2009.
Per un verso, infatti, l’art. 3, comma 2, deve essere interpretato nel senso che la necessità che l’edificio sia situato in zona territoriale propria ricorre solo ove la demolizione e ricostruzione sia associata ad un ampliamento; ampliamento che, peraltro, postula la compatibilità urbanistica anche quanto sia di misura inferiore al 40% della volumetria esistente. Sotto altro profilo, dal combinato disposto dell’art.3 e della seconda parte del secondo coma dell’art. 9 si desume che la suddetta compatibilità deve ricorrere ed essere valutata in relazione ad ogni ipotesi di ampliamento ma non anche quando gli interveti si limitano alla demolizione e ricostruzione.
Ciò presenta, peraltro, una coerenza logica rispetto agli obiettivi, più volte evidenziati, che il legislatore regionale ha inteso perseguire; la demolizione e ricostruzione di un manufatto insistente in zona impropria, infatti, consente il recupero dello stesso senza aggravare la situazione preesistente e senza alterare le scelte operate dall’Amministrazione comunale specificamente riferite alla zonizzazione.
2.3 Con riferimento all’ultima censura dedotta avverso il provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, il Collegio ritiene di procedere ad assorbimento, non potendo derivare alla ricorrente alcuna utilità ulteriore, in relazione all’interesse dedotto nel presente giudizio, rispetto a quella già conseguita in esito alle considerazioni sopra svolte.
3.In considerazione della novità delle questioni trattate e delle incertezze interpretative sopra evidenziate, il Collegio ritiene sussistenti giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e delle competenze di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa:
dichiara inammissibile il ricorso introduttivo;
accoglie il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento adottato in data 2 ottobre 2009, prot. n.263946.
Spese e competenze di causa compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Italo Franco, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
Ultimo aggiornamento ( domenica 07 novembre 2010 )
 
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