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LA PRESCRIZIONE SANANTE IN MATERIA EDILIZIA NON È MAI CONSENTITA PDF Stampa E-mail
lunedì 11 ottobre 2010

di EMILIANO BANDARIN TROI.

Si ritiene utile segnalare la sentenza n. 5245/2010, leggila qui, in quanto la stessa prende posizione e fornisce alcuni spunti sul significato attribuibile al trascorrere del tempo rispetto alla disciplina applicabile agli abusi edilizi, con riferimento ad un’ipotesi molto particolare.

Più specificamente con la predetta pronuncia, il TAR Veneto è stato chiamato a pronunciarsi in merito alla possibilità che, in considerazione del passaggio un lungo lasso di tempo, possano essere successivamente consentiti almeno interventi edilizi recuperatori su un immobile originariamente abusivo e non sanato.

Gli antefatti

La fattispecie concreta ha ad oggetto un’autorimessa costruita in assenza di titolo abilitativo e senza osservare le distanze minime dal confine (e quindi un caso di abuso sia formale sia sostanziale). Tuttavia, atteso che l’intervento in oggetto risale a varie decine di anni fa, l’autorimessa non è stata oggetto di alcuna sanzione da parte del competente comune, per difetto di ragioni di pubblico interesse, ulteriori rispetto al mero ripristino della legalità.

Si è venuta, quindi, a creare la situazione di un manufatto abusivo, il quale per un verso non è sanzionabile con la demolizione a causa del trascorrere del tempo, e per altro verso non è però nemmeno sanabile, attesa la natura sostanziale dell’illegittimità edilizia. Peraltro, la natura abusiva dell’intervento originario non consente la possibilità di intervenire oggi sull’immobile, che pertanto, seppur non demolibile, risulta comunque soggetto alla inevitabile rovina per naturale obsolescenza, in mancanza della possibilità di eseguire interventi anche solo conservativi.

Per risolvere questa sorta di “corto circuito edilizio” (rappresentato dalla contemporanea impossibilità tanto della demolizione, quanto della sanatoria) il ricorrente agiva in giudizio, chiedendo che il giudice adito, preso atto della risalenza dell’intervento, dell’affidamento ingenerato nel privato in ordine alla lunga inerzia della Pubblica Amministrazione e della conseguente impossibilità per il comune di adottare un motivato provvedimento repressivo, riconoscesse una sorta di “sanatoria prescrizionale” dell’intervento originario, motivata dal passaggio del tempo, almeno al limitato fine di riconoscere la possibilità oggi di intervenire legittimamente sul manufatto con interventi edilizi di natura recuperatoria.

La pronuncia

Tanto premesso, con la sentenza in commento, pubblicata il 30.09.2010, il TAR del Veneto si pronunciava negativamente in merito alla richiesta del ricorrente.

In particolare, il giudice adito, pur confermando l’orientamento circa la necessità di una motivazione rafforzata che individui un interesse pubblico prevalente per giustificare l’eliminazione di un abuso edilizio realizzato a distanza di un notevole lasso di tempo, nega invece che il passaggio del tempo ed il conseguente affidamento ingenerato nel privato possa in qualsiasi modo giustificare la legittima esecuzione di ulteriori interventi, ancorché di portata limitata, su quello stesso manufatto.

In altre parole, l’originaria abusività dell’intervento preclude comunque il successivo rilascio di abilitazioni edilizie per ulteriori interventi in relazione a quel medesimo immobile, e ciò anche nel caso in cui al comune sia contemporaneamente preclusa la possibilità di adottare un ordine repressivo, a causa del trascorso del tempo.

Valutazioni conclusive

Ad avviso di chi scrive la pronuncia in commento sembra utile, in quanto chiarisce, anche se in termini restrittivi, la concreta portata del trascorrere del tempo rispetto alla situazione di illegittimità determinata dalla realizzazione abusiva di un immobile. Ed in particolare chiarisce che l’eventuale situazione favorevole per il titolare del bene, rappresentata dall’impossibilità di subire un ordine di demolizione a causa del tempo trascorso dall’esecuzione abusiva dell’intervento, non può mai arrivare fino a consentire il successivo rilascio di legittime abilitazioni edilizie per l’esecuzione di ulteriori interventi in relazione al medesimo immobile, ancorché per interventi limitati e/o minori.

Di conseguenza, non pare che il “cortocircuito edilizio” sopra descritto possa trovare alcuna soluzione favorevole per il privato. Per l’effetto la situazione di vantaggio per il privato, rappresentata dalla limitazione per la P.A. di poter adottare un provvedimento repressivo demolitorio in mancanza di uno specifico interesse pubblico, opera solo sul piano fattuale, senza che dalla stessa possa conseguire qualsivoglia effetto giuridico favorevole, anche solo al fine di riconoscere al privato la possibilità di ottenere l’abilitazione ad eseguire legittimamente ulteriori interventi sul manufatto abusivo.”

Ultimo aggiornamento ( domenica 07 novembre 2010 )
 
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