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PIANO CASA NAZIONALE E REGIONALE (primi confronti) PDF Stampa E-mail
venerdì 30 settembre 2011

di EMILIANO TROI

 

Premesso che la disciplina contenuta nella l. 106/2011 non è di immediata comprensione, perché la formulazione del testo non risulta sempre sufficientemente precisa: corrispondendo ad un’indicazione di spunti per una futura legislazione regionale, piuttosto che alla rappresentazione di una disciplina compiuta, adatta alla diretta applicazione, segnalo i seguenti passaggi.

Le misure premiali introdotte sono:

- l’aumento di cubatura;

- la delocalizzazione;

- modifiche alle destinazioni d’uso;

- modifiche alla sagoma.

L’interesse per la norma deriva dalla circostanza che dal 13 settembre 2011 la normativa in commento dovrebbe trovare diretta applicazione, fintanto che non intervenga la Regione.

*

In prima battuta rilevo che tali interventi premiali sono subordinati alle seguenti condizioni:

a) promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate;

b) razionalizzare il patrimonio edilizio esistente”.

La prima condizione è abbastanza esplicitata e nel Veneto risulta anche abbastanza comprensibile anche perché è già sostanzialmente richiamata nel Piano casa regionale.

La seconda condizione sembra invece essere una novità anche rispetto alla legislazione regionale del Piano Casa regionale veneto. Ed infatti la razionalizzazione sembra avere un connotato diverso rispetto alla riqualificazione del tessuto già esistente e degradato. Peraltro, il concetto di razionalizzazione, senza ulteriori precisazioni risulta piuttosto ampio e vago: può trattarsi di una razionalizzazione edilizia, ma anche di una razionalizzazione rispetto agli usi possibili dell’immobile rispetto a quelli previsti (basti pensare al recupero ad usi abitativi di complessi industriali che si trovano inglobati in ambiti residenziali).

*

Della previsione normativa statale ciò che poi sorprende è che gli interventi premiali possano essere attuati ai sensi dell’art. 14 del Testo unico dell’edilizia. Ciò significa che gli stessi potrebbero essere realizzati in deroga alla normativa comunale (come peraltro esplicitato dal comma 13 dell’art. 5 in commento, per i cambi di destinazione). A conferma di ciò depone la circostanza che in tema di limitazione agli interventi manca ogni riferimento alla disciplina locale e gli unici limiti previsti siano quelli riferiti agli standard, al D.M. 1444/68, ai centri storici ed alle aree soggette a vincolo di in edificabilità assoluta, a vincoli paesaggistici, ambientali, sismici e sanitari.

Peraltro sul punto rilevo che l’impostazione è simile alla disciplina regionale del Piano Casa del Veneto, in quanto anche in quella norma vengono mantenuti solo i limiti “statali”, salvo il rispetto degli standard ed inoltre la necessità delle opere di urbanizzazione (non esplicitata nella disciplina statale in commento). Rilevo altresì che, però, gli interventi premiali previsti dalla norma in commento, qualora fossero in deroga al piano comunale dovrebbero avvenire previo parere del Consiglio comunale. Ed invero il richiamo all’art. 14 citato, implica l’applicazione del relativo procedimento, il quale prevede la previa delibera consigliare per l’approvazione dell’intervento.

*

Tanto premesso in linea generale, rilevo le seguenti DIFFERENZE rispetto al Piano Casa del Veneto:

- possibilità di ottenere le previsioni premiali per interventi diversi ed ulteriori rispetto al mero recupero del tessuto edilizio, come è oggi il Piano Casa Regionale; in particolare il concetto di razionalizzazione del patrimonio esistente può portare a sbocchi più ampi rispetto a quelli consentiti dal mero recupero edilizio;

- possibilità di andare in deroga al PRG, ma con un titolo edilizio aggravato. In particolare serve il permesso a costruire ed il parere del Consiglio comunale, qualora l’intervento risulti in deroga alla disciplina comunale (mentre il Piano Casa Veneto, prevede la sola DIA, anche qualora l’intervento si pone in deroga con lo strumento comunale);

- il riconoscimento degli interventi premiali ed in particolare l’ampliamento è subordinato al rispetto degli standard, ma non anche alle opere di urbanizzazione, come invece previsto a livello regionale;

- fra gli interventi premiali, l’ampliamento previsto dalla legge statale è inferiore a quello riconosciuto dal Piano Casa Veneto (pertanto sotto questo punto di vista la legge regionale sembra più “generosa”);

- la legislazione nazionale prevede poi interventi ulteriori rispetto al Piano Casa Regionale, fra i quali:

i) la delocalizzazione di volumetrie che sembra possibile senza alcuna limitazione rispetto all’area di destinazione. Ed infatti nella norma non si richiede alcunché, nemmeno la compatibilità delle destinazioni d’uso. Sul punto rilevo che la possibilità della delocalizzazione è prevista anche dalla normativa del SUAP, tuttavia nel SUAP è altresì richiesto che la delocalizzazione avvenga prevedendo una disciplina specifica della destinazione delle aree a seguito della trasposizione. Nel caso di specie, manca invece ogni indicazione al riguardo, non essendo richiesta nemmeno la compatibilità urbanistica prevista per il cambio di destinazione;

ii) e soprattutto è previsto il cambio di destinazione d’uso con l’unica condizione che si tratti di usi compatibili o complementari. Al riguardo rilevo che il concetto di complementarietà non è immediatamente urbanistico, ma maggiormente commerciale. Tale circostanza rende la concreta possibilità dei possibili nuovi usi abbastanza indeterminata sotto tale profilo. Per quanto poi riguarda il requisito della compatibilità, ciò rappresenta l’unica condizione di aderenza con la disciplina locale, mentre per il resto sembrerebbe – almeno testualmente – che la destinazione d’uso possa essere scelta anche in deroga alla strumentazione locale (ad esempio potrebbe andare in deroga agli indici fondiari e quindi potrebbe consentire di recuperare un edificio esistente, trasformandone la destinazione ancorché con volumetrie eccedenti quelle che normalmente sarebbero consentite dalla destinazione di zona). Tale circostanza rappresenta un’ulteriore novità rispetto al Piano Casa del Veneto, in quanto il legislatore regionale ha previsto che il cambio di destinazione d’uso, oltre a risultare compatibile con la destinazione urbanistica di zona (sul punto quindi le due normative convergono), debba rispettare l’indice fondiario, in modo che il cambio di destinazione del preesistente non possa superare la volumetria assentibile in astratto, secondo la destinazione di zona. Inoltre la disciplina regionale impone l’adozione di un piano attuativo. In sostanza per il cambio di destinazione non è richiesto il rispetto dell’indice di zona, né tanto meno l’intervento è collegato all’ampliamento, come invece sembra essere la disciplina regionale;

- infine la legge nazionale prevede l’approvazione del PUA dalla Giunta. Si tratta anche in questo caso di una misura ben più incisiva rispetto alla previsione del termine perentorio e del silenzio assenso oggi previsto dalla l.r. 11/2004, come modificata dalla l.r. 13/2011.

*

Infine un ultimo spunto. Atteso che la disciplina nazionale sembra in parte più ampia (oltre che molto più generica ed indeterminata) rispetto alla disciplina della l.r. 13/2011 deve essere verificato se la disciplina regionale possa essere utilizzata quale criterio applicativo della disciplina nazionale.

Al riguardo ritengo che tale soluzione non sia praticabile per ragioni intertemporali. In particolare la legge statale è del 12.07.2011 e da tale data assegna il termine alle Regioni per recepirla. Si tratta, quindi, di una disciplina sopravvenuta rispetto al piano casa l.r. 13/2011 che è del 8.07.2011 (anche se di pochi giorni). Pertanto l’alternativa è: a) che la Regione legiferi, prevedendo tempi e limiti dell’applicazione della disciplina nazionale; b) che l’applicazione della disciplina nazionale avvenga in via diretta e venga pertanto attuata attraverso la prassi amministrativa e le indicazioni della giurisprudenza. Pertanto in veneto si avranno contemporaneamente due diverse legislazioni, tra loro autonome: quella di cui alla l.r. 13/2011 e quella di cui alla l. 106/2011, dando la possibilità al cittadino di ricorrere all’uno o all’altra a seconda delle opportunità concesse.

Emiliano Troi

 
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