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SUI NUOVI EFFETTI DELL'ISTANZA DI PRELIEVO PDF Stampa E-mail
venerdì 08 gennaio 2016


di Francesco Volpe

 

La questione è già stata segnalata dal Presidente Lignani, in un recente intervento pubblicato su Lexitalia.it, ma forse merita di essere sottolineata.

 

In virtù dell'art. 1,comma 781, legge 28 dicembre 2015,  n. 208, è stato aggiunto l'art. 71 - bis al codice di rito. Esso così dispone:

Art. 71-bis. - (Effetti dell'istanza di prelievo). - 1. A seguito dell'istanza di cui al comma 2 dell'articolo 71, il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata.  

Viene così a modificarsi l'efficacia dell'istanza di prelievo.

Essa non è più un mero atto sollecitatorio dell'udienza pubblica, ma consente al giudice (pur non obbligandolo) a fissare un'udienza camerale destinata a produrre una sentenza (in forma semplificata) di definizione del giudizio.

I riflessi che la novella sottintende sono almeno due.

Vedo di indicarli sinteticamente:

a) viene introdotta una nuova udienza camerale, che non è destinata alla trattazione delle istanze cautelare propriamente dette (o alla trattazione di quegli altri riti che già seguono questa forma: ad esempio quelli sul silenzio, sulla ottemperanza o aiprocessi di opposizione ai decreti presidenziali dichiarativi della perenzione o dell'estinzione del giudizio). Questa nuova udienza camerale potrà essere utilizzata per definire qualsivoglia controversia, ivi comprese quelle altrimenti destinate al rito di cognizione ordinario;

b) presupposti per la fissazione dell'udienza camerale sono la presentazione di una istanza di prelievo, la completezza del contraddittorio e la completezza dell'istruttoria.

Dunque è sufficiente che siano state intimate del processo tutte le parti c.d. necessarie (resistente e controinteressate dirette); che la produzione documentale appaia sufficiente e che avvenga il deposito dell'istanza di prelievo.

Ora, l'istanza di prelievo, di per sé, dovrebbe mirare ad ottenere una udienza utile ad arrivare alla definizione del processo.

La vera novità, dunque, risiede nella forma dell'udienza, che non è pubblica, ma di camera di consiglio.

Anche il fatto che la sentenza debba essere prodotta in forma semplificata è cosa che vale solo fino ad un certo punto, perché – come giustamente ha osservato il pres. Ligani in quel suo intervento – nella sostanza una sentenza resa in forma semplificata in nulla si distingue da una sentenza resa in forma ordinaria.

Quel che cambia, forse, è l'estensione della motivazione, che, tuttavia, deve pur sempre rispondere a tutte le domande e le eccezioni di parte.

La previsione della camera di consiglio, a parere mio, porta con sé che a questo rito non possano ritenersi applicabili i termini, per la produzione di memorie e documenti, previsti dall'art. 71 comma 5, c.p.a.

In altri termini, il giudice potrà fissare udienza camerale) anche senza rispettare i termini dei quaranta, trenta e venti giorni (o i termini dimezzati, se siamo nelle controversie dell'art. 119 c.p.a.).

È, forse, opinabile che all'istituto possano estendersi per analogia tutti i termini previsti dall'art. 55 c.p.a. per la trattazione della domanda cautelare, perché essi si riferiscono, appunto, al caso in cui una istanza cautelare sia stata depositata e, soprattutto, preventivamente notificata.

Nel caso di specie, tuttavia, non vi è alcuna notifica, perché l'istanza di prelievo viene semplicemente depositata (art. 71, comma 2, c.p.a.).

Del resto, proprio questa è la peculiarità propria della nuova udienza di camera di consiglio. Essa può portare ad una sentenza in forma semplificata, esattamente come avviene quando venga introdotta domanda cautelare, senza, tuttavia, che la fase processuale relativa a quest'ultima sia mai stata introdotta.

Ma, in una prospettiva, positivamente stabilita, secondo la quale anche il concedere l'udienza di merito a breve termine sarebbe, a modo suo, una forma di tutela cautelare (art. 55, comma 10, c.p.a.), con il comma 781 di fatto assistiamo ad una tutela cautelare introdotta informalmente con il semplice deposito dell'istanza di prelievo; ad una tutela cautelare che viene valutata monocraticamente e inaudita altera parte dal Presidente del Tribunale (che la concederà fissando l'udienza di Camera di consiglio o la negherà semplicemente non dando corso alla stessa); ad una tutela cautelare potenzialmente in grado di superare un eventuale altro diniego di tutela cautelare precedentemente pronunciato, sì da superare il limite delle sopravvenienze oggi affermato dall'art. 58, c.p.a.

In ogni caso, tornando a ragionare sull'esistenza di ipotetici termini, che il Presidente debba rispettare, e ipotizzando che si possa operare analogicamente sulla base dell'art. 55 c.p.a. (proprio in ragione di una funzione di definizione della controversia simile a quella che potrebbe essere raggiunta nel processo cautelare), è possibile sostenere che l'udienza dell'art. 71 bis non possa essere fissata prima che siano decorsi venti giorni liberi dalla perfezione della notificazione del ricorso introduttivo e dieci dal deposito dello stesso.

L'ipotesi di una fissazione tanto sollecita, invero, non dovrebbe stupire, ancorché la prassi delle istanze di prelievo sia comunemente applicata ai giudizi da lungo tempo giacenti.

Invero, nulla impedisce di depositare l'istanza di prelievo sin da subito, all'atto del deposito del ricorso.

Sempre ragionando per analogia con il processo cautelare proprio, si può supporre che tale istanza di prelievo non possa consentire l'esperimento del rito semplificato quando non sia depositata o sia “scaduta” l'istanza di fissazione dell'udienza.

È verosimile che il Tribunale sia tenuto a differire l'udienza allorché la parte ricorrente si riservi di introdurre motivi aggiunti o quella controinteressata dichiari di voler proporre ricorso incidentale; è altrettanto verosimile che il Tribunale sia tenuto ad un mero differimento (senza che sia tenuto a trasferire il giudizio nel ruolo ordinario), quando risultasse che il contraddittorio, diversamente da quel che in un primo momento appariva, sia in realtà incompleto o che si debbano promuovere adempimenti istruttori.

Tuttavia la somiglianza con il rito cautelare propriamente detto non può, a parere di chi scrive, estendersi oltre.

Resta il fatto, invero, che l'istanza di prelievo non è preceduta da alcuna notifica, cosicché la sua potenziale efficacia acceleratoria del processo (al punto tale da consentire, sembrerebbe, di derogare ai termini a difesa dell'art. 71 c.p.a.) potrebbe risultare non conosciuta alle parti non ancora costituite.

Se ne cava la conclusione che quello dell'art. 71 bis è uno strumento assai delicato, in tesi foriero di conseguenze piuttosto gravi e al quale tutti i soggetti del processo (giudice compreso) debbono guardare con estrema cautela.

Forse sarebbe stato possibile prevedere, in luogo di questo anomalo “procedimento-stralcio”, che all'istanza di prelievo il Presidente del Tribunale fosse tenuto a rispondere con proprio decreto salva la facoltà (nel caso di diniego o di denegata risposta) di presentare opposizione davanti al Collegio e, quindi, di eventualmente appellare la decisione di quest'ultimo organo.

Fermo restando che l'accoglimento dell'istanza di prelievo non dovesse alterare il rito dell'udienza pubblica e i relativi termini a difesa.

Ne sarebbe uscito un effettivo strumento utile alla sollecita definizione dei processi, in luogo di una soluzione che allo stato, sembra utile, soprattutto, a consentire ai Tribunali di superare il tetto delle relazioni “di merito” assegnabili ai singoli magistrati o a sfoltire i ruoli in virtù di sentenze di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.    

 

 

ADDENDA

 

Stefano Bigolaro, nel corso di un colloquio che ho avuto con lui sulla cosa,  ha suggerito una soluzione diversa quanto al problema dei termini a difesa. Egli ipotizza che, anziché farsi luogo ad un  procedimento analogico con i termini per il rito cautelare, si debba applicare invece l'art. 87, comma 3, c.p.a., che prevede termini dimezzati per tutti i riti in camera di consiglio. In tal caso, pertanto, gli ordinari termini di produzione difensiva e documentale, sarebbero di venti, quindici e dieci giorni. La soluzione mi pare plausibile, se non addirittura più convincente di quella proposta da me. Perciò mi pare giusto riportarla.

 

 


Ultimo aggiornamento ( lunedì 11 gennaio 2016 )
 
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