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NEL RICORDO DEL PROF. LEOPOLDO MAZZAROLLI (TREVISO, 19 OTTOBRE 1930 - PADOVA, 4 MARZO 2015) PDF Stampa E-mail
mercoledì 20 aprile 2016

di Alessandro Calegari

 Esattamente un anno fa, il 4 marzo 2015, a ottantaquattro anni, si spegneva a Padova, nella sua casa, il prof. Leopoldo Mazzarolli, socio onorario della nostra Associazione.

La sua lunga e operosa esistenza fu dedicata principalmente alla ricerca e alla trasmissione del sapere, in primo luogo attraverso l’insegnamento della giustizia amministrativa, che egli tenne per moltissimi anni presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, dove succedette ancor molto giovane al suo maestro Enrico Guicciardi.

Sarebbe, tuttavia, riduttivo ricordare Leopoldo Mazzarolli solo per questo (che sarebbe per altri già molto), perché egli fu anche un valente avvocato, una persona di vastissima cultura, socialmente impegnata come poche, un premuroso consorte e padre di famiglia.unga e operosa esistenza fu dedicata principalmente alla ricerca e alla trasmissione del sapere, in primo luogo attraverso l’insegnamento della giustizia amministrativa, che egli tenne per moltissimi anni presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova, dove succedette ancor molto giovane al suo maestro Enrico Guicciardi.

Non intendo qui soffermarmi sulla sua ampia produzione scientifica, sulle numerose cariche che egli ebbe occasione di ricoprire o sui prestigiosi riconoscimenti che gli furono conferiti. Vorrei, invece, ricordare un tratto della sua personalità, che non poteva passare inosservato e che rendeva la sua figura carismatica.

Non si può dire che Mazzarolli abbia avuto una vita facile. Soffrì da bambino per la perdita di entrambi i genitori, conobbe le atrocità della guerra, visse in prima persona gli anni difficili della contestazione e del terrorismo. Subì, alla fine, l’ingiuria della malattia, il rapido declino e lo strazio per la perdita, tanto inaspettata quanto repentina, dell’adorata consorte.

Visse in un periodo di grandi cambiamenti. Egli ebbe la sorte di conoscere la dittatura, la guerra civile, la fine della monarchia e la nascita della repubblica e dell’Europa unita. Assistette alla trasformazione di un Paese fondamentalmente agricolo in una potenza industriale, alla crescita impetuosa degli anni cinquanta e sessanta, alla crisi che ha caratterizzato l’economia, la politica e i costumi dell’inizio del secondo millennio.

Eppure, le difficoltà e i dolori personali, i cambiamenti anche profondi della società in cui ha vissuto non hanno mai deviato il suo cammino, né hanno scalfito la sua tempra o piegato il suo rigore intellettuale. Egli ha sempre mantenuto, in qualunque circostanza, una composta dignità, una grande fede, una piena coerenza agli ideali della cultura liberale in cui era cresciuto e in cui fermamente credeva.

Quale testimonianza egli lasci alle generazioni future è facile dirlo.

Si poteva essere d’accordo con lui, come accadeva a me il più delle volte; ma anche in profondo disaccordo, come pure (anche se più raramente) a me accadde di essere.

Ma le sue osservazioni non lasciavano mai, non potevano, vorrei dire, lasciare indifferenti.

Egli possedeva, infatti, tre doti: aveva sempre cose nuove e interessanti da dire; aveva sempre il coraggio di dirle, a costo di pagarne personalmente il prezzo; sapeva sempre come dirle nel modo più elegante e persuasivo.

C’è stata un’epoca in cui molti, come lui, mostrarono di possedere le prime due qualità; da quelli egli si distingueva per quella sua ulteriore capacità di essere un raffinato oratore.

Oggi faticherebbe, io temo, a trovare rivali anche nelle prime due.

Anche per questo ci mancherà negli anni a venire.

Alessandro Calegari

 
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