Sentenza piuttosto complicata, quella del T.A.R. Veneto, sulla decisione del Comune di Padova di istituire una sorta di anagrafe delle coppie conviventi.
Il fatto è questo. Un cittadino, iscritto alle liste elettorali del Comune, impugna i provvedimenti con cui viene istituita l'<>.
Vari i profili di impugnazione: dalla contestazione delle finalità <> dei provvedimenti, all'invasione nelle attribuzioni dello Stato (essendo il Sindaco, quale ufficiale dell'anagrafe, inserito in quell'Amministrazione) alla violazione delle regole sullo stato di residenza (il cui certificato verrebbe così rilasciato a chi si limiti a chiedere la residenza e non solo a chi l'abbia effettivamente attuata).
Nell'affrontare la questione, il T.A.R. Veneto ha per prima cosa dovuto esaminare il problema della legittimazione del ricorrente, ravvisata nella titolarità di un interesse <> <>.
Siamo vicini, per la verità, al concetto di azione popolare e, forse, il giudice avrebbe potuto dar maggior rilievo al concetto di legittimazione, alla stregua dei criteri fissati dall'ordinamento europeo, come indicati dalla difesa del ricorrente. Ma le conseguenze sulla sistematica generale del processo amministrativo sarebbero state, in questo caso, di non poco conto.
Nel merito, il T.A.R.Veneto respinge le questioni inerenti alla competenza statale in materia, perché comportanti la nullità radicale degli atti impugnati, non ricadente nella giurisdizione amministrativa. Con ciò, la prima sezione si discosta dal convincimento della terza Sezione (2283/2007), secondo cui, invece, dopo l'entrata in vigore dell'art. 21 septies della legge sul procedimento il giudice amministrativo potrebbe accertare la nullità degli atti impugnati, anche al di fuori dei casi di violazione del giudicato.
Ugualmente, il giudice nega che le delibere siano illegittime, nella parte in cui esse consentono l'annotazione dell'esistenza di vincoli affettivi, tra i co-residenti. Tali annotazioni, infatti, non sarebbero in realtà atti del funzionario dell'anagrafe, ma dichiarazioni degli stessi interessati, per certi versi ragguagliabili ad una dichiarazione sostitutiva di notorietà.
Il T.A.R censura, invece, i <> con cui i soggetti del <
> sono chiamati a integrare la loro dichiarazione di residenza con quella inerente i rapporti affettivi e in ciò troverebbe fondamento l'accusa ideologica mossa contro i provvedimenti. In particolare, <<>.
Segue quindi un'indicazione delle parti della modulistica da rimuoveree di quelle da integrare; indicazione che appare, nelle intenzioni del giudice, avere carattere precettivo per l'Amministrazione.
Non si può, oggettivamente, trascurare lo sforzo operativo condotto dall'interprete su una materia tanto complessa e tanto delicata.
Eppure, qualche dubbio rimane.
Oltre ai problemi in rito, davvero si possono annullare dei moduli (ancorché indicati come allegati alle deliberazioni impugnate)? E può il giudice spingersi al punto di indicare al Comune quale debba essere il suo concreto agire provvedimentale?
E davvero possono consentirsi annotazioni agli atti dello stato civile inerenti il regime affettivo esistente tra due o più persone conviventi?
Inoltre, davvero con atto notorio si può certificare l'esistenza di un rapporto affettivo? Non si vorrà porsi come don Ferrante di fronte alla peste e concludere che i rapporti sentimentali non sono <> né <> e che quindi essi non esistono. Ma di lì a dire che tali rapporti rientrino negli <> (art. 47, d.P.R. 445/2000) il passo non pare breve, perché i sentimenti più che fatti sono espressione di giudizio: di sentimento, appunto. In altri termini se chi scrive, con atto notorio, certificasse che l'Assunta del Tiziano non gli provoca alcuna particolare emozione estetica, si dovrebbe esperire querela di falso per contestarne il contenuto?
Qualche perplessità forse l'ha avuta lo stesso giudice, allorché egli si è posto il problema della dichiarazione non veritiera e quello delle relative conseguenze penali. Ipotesi che il T.A.R. del Veneto riduce a casi marginali. E, invero, si potrebbe aprire una sociologica discussione per stabilire se l'afflato verso una persona è in sé o nel pensare (se non addirittura nel voler pensare) che esso sia. Ma lascerei a persone meno aride del sottoscritto affrontare tanto imbarazzanti questioni.
Nella sostanza, infine, una sentenza che probabilmente non soddisfa pienamente nessuna delle parti in causa: non la parte resistente (che si vede imputare l'illegittimità parziale di propri atti, oltre che una non comoda contestazione delle finalità per cui essa ha agito), ma neppure il ricorrente (perché all'Amministrazione basterà adeguarsi ai <
> giudiziari per por rimedio alla questione).
Much ado about nothing?
[NOTA: il presente intervento esprime le opinioni personali dell'estensore e non esprime posizioni ufficiali dell'associazione
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